Le aste dei titoli di stato di ieri e oggi sono state la dimostrazione che il trend ribassista dei rendimenti sui nostri bond prosegue la sua normalizzazione, rispetto ai livelli pre-crisi, nonostante i focolai di tensione sui mercati finanziari non si siano affatto sopiti. Tra ieri e oggi, il Tesoro ha collocato complessivamente 18 miliardi di euro in titoli dai tre mesi ai sette anni e in ogni caso il risultato è stato più che positivo.
In particolare, ieri sono stati emessi BoT a tre mesi e a dodici mesi per 12 miliardi. I primi sono stati collocati per 3,5 miliardi e hanno riscontrato richieste per 7,89 miliardi, esitando un rendimento medio lordo dello 0,492%, in nettissimo calo dal precedente 1,9% di settembre. Basti pensare che la precedente asta per i trimestrali a novembre era stata annullata, perché il Tesoro aveva ritenuto inopportuno procedere al loro collocamento nel pieno della bufera sui tassi.
Passando ai BoT a un anno, essi sono stati piazzati per 8,5 miliardi, trovando una domanda pari a 11,7 miliardi. In questo caso, il rapporto di copertura non è stato giudicato alto, rispetto alle consuete performance del segmento e, tuttavia, questa domanda contenuta è da ricollegarsi proprio al deciso calo dei rendimenti, che rendono per il retail meno allettante l’investimento. Non è un caso, infatti, che ieri abbiano partecipato alla sottoscrizione soprattutto gli investitori istituzionali, non tanto i piccoli risparmiatori. I primi continuano a trovare interessanti i rendimenti alle aste italiane, se confrontati con i tassi al di sotto dello zero per le brevi scadenze in Germania. I rendimenti sono qui scesi all’1,405%, in netto ribasso dal precedente 2,2% di febbraio e lontanissimi da quel 6,08% di novembre, che oggi sembra fortunatamente solo un lontano ricordo. Per questi, si è trattato del migliore risultato dal mese di agosto del 2010, ossia da oltre un anno e mezzo, ben prima dell’inizio degli attacchi speculativi contro i nostri titoli di stato, partiti nella metà del 2011. Si consideri che per il segmento trimestrale, di fatto, gli investitori si sono accontentati di un rendimento nullo, perché tale sarebbe (o,039%) al netto delle spese di commissione e dell’imposizione fiscale.
E dopo l’ottimo risultato di ieri, c’era attesa per l’asta odierna dei BTp. Si trattava di titoli con scadenza marzo 2015, triennali, e di BTp del segmento decennale (2009-2019), con scadenza settembre 2019, quindi, dalla vita residua di 7,5 anni. In entrambi i casi si è avuto un calo degli interessi. In particolare, i primi sono stati collocati per 5 miliardi, ossia ai massimi della forchetta annunciata dal Tesoro, riscontrando una domanda di 1,565 volte maggiore, in crescita dal precedente rapporto di copertura di febbraio di 1,4. E il rendimento medio lordo è passato dal 3,41% di un mese fa al 2,76% di oggi. A dicembre, i titoli a tre anni davano un rendimento del 5,26% lordo. E’ stato il risultato migliore dalla fine del 2010.
Stesso successo per i titoli a sette anni e mezzo, che sono stati collocati per un miliardo, a fronte di richieste per 1,99 miliardi. Il rendimento medio lordo è stato del 4,3%.
La reazione sul “grey market”, ossia sul secondario, non si è fatta attendere, con il ritorno agli acquisti dei nostri titoli di stato, che ha determinato un forte restringimento del differenziale di rendimento tra i nostri titoli e quelli tedeschi. Lo spread decennale è passato così oggi a 290 punti base.
Tirando le somme della due giorni di collocamenti, possiamo affermare senza margine di dubbio che i rendimenti sulle scadenze brevi dei nostri bond sono rientrati nella normalità, con un’inversione a U, rispetto a quanto accadeva fino al mese di dicembre. In particolare, la curva dei tassi sembra avere ri-acquistato una decisa ripidità positiva, cioè si amplia in senso crescente il rapporto tra tassi a lungo e quelli a più breve termine. Tra la fine di novembre e gli inizi di dicembre eravamo costretti a parlare di curva piatta dei tassi o, addirittura, di inversione dell’inclinazione, per via degli altissimi rendimenti sulle brevi scadenze, in parte, determinati dall’attesa di un calo dei tassi da parte della BCE.
Pensare, però, che si sia usciti dalla crisi non è cosa possibile, per quanto la direzione sembra quella e più veloce del previsto. Infatti, si pensi che ancora è troppo alto il differenziale tra i nostri tassi e quelli tedeschi. Ad esempio, sulla scadenza a un anno siamo di fatto intorno a uno spread di 140 bp, mentre i quasi 300 punti sul decennale mostrano la tendenza degli investitori ancora ad acquistare in massa Bund tedeschi, per il timore di perdite sugli altri bond.
In ogni caso, va ricordato che in termini di bilancio pesano i livelli assoluti dei tassi e non quelli relativi. Ad esempio, se i nostri BTp decennali dovessero alle prossime aste adeguarsi del tutto all’andamento attuale sul secondario, i rendimenti relativi sarebbero intorno al 4,8%, ossia in linea con i livelli pre-crisi.
E già a marzo, il costo medio di indebitamento per lo stato è sceso di 60 punti base sul mese di febbraio. E con l’asta di oggi, l’Italia ha già finanziato il 27,8% dell’intero suo fabbisogno finanziario per il 2012, che ammonta a 450 miliardi. Infatti, era temutissimo il periodo tra inizio gennaio e fine aprile, che prevedeva l’emissione di 158 miliardi di bond. Ad oggi, ci siamo rifinanziati per 125 miliardi e tenendo conto che il Tesoro ha in cassa altri 24 miliardi, possiamo una volta tanto ammettere che l’abbiamo scampata e brillantemente.