Il fumo passivo all’aperto fa più male dell’inquinamento

Il fumo passivo inalato in una zona verde può contenere il triplo delle polveri sottili che si potrebbero respirare nelle giornate più inquinate di Milano. Questa è l’importante scoperta di un gruppo di studenti delle superiori lombarde. Sono gli studenti del liceo delle Scienza umane Agnesi, insieme agli studenti del liceo Machiavelli di Pioltello e dello Zucchi di Monza, che hanno verificato questi allarmanti dati con l’aiuto degli esperti dell’Int.

Roberto Boffi, pneumologo responsabile dell’unità di prevenzione e diagnosi dei danni del fumo presso l’Istituto nazionale dei tumori, propone una soluzione al fumo passivo all’aperto: «Varrebbe la pena di valutare l’ipotesi di porre divieti di fumo anche all’interno dei parchi. Sono frequentatissimi dai soggetti sensibili, come bambini e donne incinte che passeggiano. Per non parlare di chi va a fare jogging». Infatti, se un respiro normale assorbe mediamente il 60% delle sostanza tossiche nell’aria, il respiro di chi fa attività fisica ne assorbe molte di più. «Quando si corre si va in iperventilazione e il corpo ne assorbe molte di più — spiega Boffi — basta guardare i test che hanno fatto i ragazzi per capire che tipo di aria si respira, se a pochi metri c’è un fumatore. Il divieto non sarebbe un accanimento, ma un adeguamento legislativo ai recenti studi scientifici sul fumo passivo in ambienti all’aperto».

Le rilevazioni effettuate dagli studenti si sono svolte per mezzo di rilevatori elettronici, posti all’interno del Parco Sempione di Milano, ad una distanza di circa 200 metri dalla strada, per evitare le interferenze dello smog. Il risultato, accendendo una sigaretta e ponendola ad una distanza variabile (fino ai 2 metri) è sorprendente: vicino al fumatore le polveri fini Pm10 raggiungono i 250 microgrammi per metro cubo d’aria e il carbonio organico, ovvero la parte più nociva, raggiunge i 450 microgrammi.

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