I sondaggi per le primarie americane del Partito Repubblicano dicono che l’italo-americano Rick Santorum sarebbe sempre in testa sugli altri candidati, con un margine di vantaggio di 3-4 punti su Mitt Romney a livello nazionale. Quest’ultimo pare che abbia risalito lievemente la china dei consensi, dopo che una settimana fa era dato a una decina di punti di distanza dal front-runner. Sono questi i risultati di due rilevazioni effettuate da “Detroit Free Press” e l’emittente televisiva “Wxyz” e dall’American Research Group. Dunque, quando mancano tre giorni al voto cruciale del Michigan e l’Arizona, il candidato da battere resta Rick Santorum.
In realtà, il voto che determinerà la sconfitta dell’uno o dell’altro sarà quello del Super-Tuesday il 6 marzo prossimo, quando dieci stati andranno al voto e alcuni sono di grosse dimensioni e di peso politico.
Per questo, all’ultimo dibattito per le primarie in Michigan, tra Romney e Santorum sono state scintille, questa volta con l’ex governatore del Massachussetts che è passato all’attacco frontale, un pò come aveva fatto il mese scorso quando si era posto l’obiettivo di eliminare dalla corsa l’ex speaker Newt Gingrich, dato allora in vantaggio dopo la vittoria in South Carolina. Romney qui c’è cresciuto e il padre è diventato governatore dello stato, dopo essere stato un manager di successo nell’industria automobilistica. Per questo, egli tiene particolarmente ad avere un buon risultato nel Michigan, dove ha pure una casa per le vacanze.
Durante la disputa, Santorum ha ammesso che quando è stato senatore per la Pennsylvania ha dovuto votare alcune leggi che non gli piacevano, per “spirito di squadra”, ha precisato. Qui, Romney ha avuto la meglio, quando si è chiesto retoricamente: “ma quale squadra”. La mia squadra, ha aggiunto quest’ultimo, è il popolo americano, non i faccendieri di Washington, chiarendo poi che il male dell’America sarebbero proprio i politici che votano contro le loro idee per compiacere altri. Obiettivamente, il soprannominato “sorriso di plastica” ha tramortito l’italo-americano, paladino della base conservatrice e dei Tea Party, che dell’attacco contro le lobby di Washington ne hanno fatto una bandiera politica.
Fatto sta che più si vota e più il fenomeno Santorum non si sgonfia, anzi. Ed è questa incognita non prevista che sta mettendo in agitazione lo staff nazionale del Grand Old Party. L’establishment è con Romney, per almeno un paio di ragioni. Pensa che sia l’uomo più adatto a sconfiggere Barack Obama il 6 novembre ed è il “suo” uomo.
Proprio per questo, Santorum non ci sta e il suo stratega per la campagna elettorale, John Brabender, afferma che bisogna ragionare un passo alla volta. Per ora, l’obiettivo è sconfiggere Romney e ottenere la nomination. Successivamente, il partito sarà tutto unito per sconfiggere Obama. Soprattutto, Brabender non ci sta all’idea che la base dovrebbe votare Romney, perché avrebbe più chances di farcela. Sarebbe una voce messa in giro dall’establishment per fare vincere il loro candidato, ha affermato, ma ha fatto la stessa cosa quattro anni fa con John McCain e poi abbiamo visto com’è andata a finire.
Cattolicissimo, ultra-conservatore, di origine italiane (il nonno era un immigrato lombardo, che fece il minatore negli USA), Rick Santorum è il beniamino dei conservatori, che per molto tempo avevano cercato un candidato credibile da piazzare alle primarie e lo hanno trovato per puro caso, quando ha vinto nel primo caucus chiamato al voto, quello in Iowa del 3 gennaio.
Anche i democratici iniziano a prenderlo sul serio, anche se sembrano essere rassicurati da una sua eventuale vittoria per la nomination, ritenendolo un candidato meno temibile per le sue posizioni molto a destra, che in teoria dovrebbero allontanarlo dall’elettorato centrista e indipendente.
Tuttavia, le cose sarebbero meno scontate del previsto. Diversi sondaggi, ad esempio, dimostrerebbero come in un solo mese la sua popolarità tra le donne indipendenti sarebbe salita di almeno undici punti percentuali e oggi Santorum non sarebbe loro più sgradito dei suoi avversari, come Gingrich e Romney.
Se poi si considera che sempre i sondaggi dicono che Obama sarebbe ora in testa sia su Romney che su Santorum della stessa percentuale (6-7%), si capisce benissimo il perché inizi a non funzionare più il ritornello del voto utile. Bisogna poi considerare che in caso di scontro con Obama, il ruolo di raccatta-consensi al centro sarebbe del candidato alla vice-presidenza, mentre Santorum potrebbe mantenere compatto attorno a sé il fronte conservatore, che fino a poche settimane fa sembrava molto sfiduciato sull’opportunità di votare per un qualche candidato del GOP.
Resta, in ogni caso, il dato che la maggior parte degli intervistati tra gli elettori repubblicani avrebbe preso in considerazione di cambiare idea su chi votare alle primarie anche all’ultimo minuto, cosa che rende arduo qualsiasi pronostico.
Di certo, poi, per Santorum ci sarebbe anche il problema dei finanziamenti, di cui Mitt Romney gode copiosamente, grazie all’appoggio esplicito di Wall Street nei suoi confronti. I finanzieri non amano i candidati dei Tea Party, giudicati vicini più all’uomo della strada che agli affari della borsa.