In Germania, le elezioni politiche non sono vicine. A meno che non ci siano sconvolgimenti, cosa rarissima nella recente storia tedesca, si voterà soltanto nel settembre 2013, cioè tra 19 mesi. Non c’è un clima pre-elettorale ancora, che certamente inizierà ad assaporarsi solo agli inizi del prossimo anno. Tuttavia, l’austera politica tedesca è stata sconvolta qualche giorno fa dalle dimissioni del presidente federale Christian Wulff, travolto dalla scandalo del maxi-prestito da 500 mila euro ricevuti da un amico imprenditore e che lo stesso presidente cercò nei mesi scorsi di insabbiare, facendo pressioni sul potente settimanale Bild. Si tratta del secondo capo dello stato a doversi dimettere in Germania nel giro di diciotto mesi.
Un anno e mezzo fa, infatti, era accaduto che l’allora presidente Horst Koehler, già direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, si era dovuto dimettere a causa dell’indignazione dell’opinione pubblica per la sua infelice frase sui militari tedeschi in Afganistan: “sono lì per interessi commerciali”.
Sia Koehler che Wulff sono due importanti esponenti conservatori, derivanti dalla stessa CDU di Angela Merkel. Questo non è un dato di poco conto. Dopo avere bruciato ben due presidenze di fila, adesso i cristiano-democratici non potranno più fare da soli. Malgrado abbiano i numeri per cercare di imporre un loro uomo, questioni di galateo politico e di opportunità inducono a ritenere che il prossimo presidente federale sarà un uomo individuato insieme agli avversari della SPD, i socialdemocratici. E proprio questo aspetto potrebbe avere più di una ripercussione sia tra maggioranza e opposizione che all’interno della CDU.
Non è un mistero, infatti, che Wulff fosse un uomo del cancelliere Merkel, la quale lo ha difeso fino all’ultimo, ritardando le sue dimissioni, nella convinzione che la bufera sarebbe passata col tempo. La rovinosa caduta di Wulff potrebbe fare emergere all’interno del partito un nucleo dissidente, che Frau Merkel ha messo negli ultimissimi anni bene a tacere.
Padrona assoluta e incontrastata del partito, il cancelliere ha finora governato con il pugno di ferro, avendo dietro di sé una formazione granitica nel sostenerla. Sarà così anche nei prossimi mesi? Certamente, i cristiano-democratici non avrebbero alcuna convenienza nel mostrarsi divisi, anche perché la Merkel sta vivendo una fase di forte popolarità, che le deriva dalla buona situazione economica in Germania (la disoccupazione più bassa dalla caduta del Muro), oltre che dall’intransigenza con la quale difende gli interessi nazionali in Europa.
Impensabile disarcionarla o contrastarla, proprio ora che persino gli avversari socialdemocratici cercano di non allontanarsi troppo dalle sue ricette popolari. La sinistra non sta cavalcando l’onda anti-capitalistica che pure esiste forte in altri stati, come nella confinate Francia, dove il candidato socialista alle presidenziali, François Hollande, parla contro la finanza e pure a destra si prendono le distanze dal mondo della borsa e delle banche. Le promesse in campo sociale sono qui tiepide e l’SPD sta, anzi, cercando di darsi un profilo riformatore e pragmatico, in modo da presentarsi credibile alle elezioni per il rinnovo del Bundestag.
I sondaggi ad oggi dicono che la Merkel non avrebbe la maggioranza assoluta dei seggi e dei consensi, ma riuscirebbe comunque a ottenere una vittoria, sebbene il crollo degli alleati della FDP sia il vero problema per la coalizione di governo del centrodestra.
L’SPD può vantare una tradizione di alleanze con i Verdi, i quali, tuttavia, oscillano un pò troppo nei sondaggi e non consentirebbero alla sinistra di ottenere una vittoria in termini di voti e di seggi. Tuttavia, il nuovo segretario Sigmar Gabriel ha escluso possibili intese con la sinistra estrema e post-comunista della Linke. Al contrario, si è affidato nella guida del partito a colleghi dal profilo centrista, come l’ex ministro delle Finanze, Peter Steinbrueck.
Adesso, Berlino guarda a Parigi. Il cancelliere ha affermato che sarà presente in tutti i comizi elettorali più importanti del collega francese Nicolas Sarkozy, in crisi nei sondaggi. Un fatto inedito e che mira a dare all’Eliseo una patente di statura internazionale contro la modesta figura di Hollande. Un asse tra conservatori, che potrebbe irrobustire l’immagine in patria della Merkel, in caso di vittoria di Sarkò, ma con qualche rischio nel caso egli perda le presidenziali.
Tuttavia, nessuno ritiene che un’eventuale sconfitta dell’attuale presidente francese possa avere conseguenza d’immagine tale da indebolirla nel confronto con gli avversari. Al contrario, se un socialista arrivasse all’Eliseo, la posizione tedesca verso gli stati del Sud Europa potrebbe un pò ammorbidirsi, pur senza discostarsi troppo dalla linea del rigore fin qui seguita e che tanto piace ai tedeschi.
Gli avversari sarebbero favorevoli agli Eurobond, che, tuttavia, avrebbero un costo abbastanza esoso per i conti pubblici di Berlino. Proprio questo spirito di maggiore solidarietà verso chi sbaglia nell’Eurozona potrebbe indebolire l’SPD in campagna elettorale.
Certo, non mancano le incognite. Le stime parlano di un pil nel 2012 in crescita solo dello 0,6%, dopo un ottimo biennio di crescita al 3% annuo. E i meriti di Frau Merkel sono stati specie su lavoro e conti in ordine.