Due sere fa, la teleconferenza tra i ministri finanziari dell’Eurozona e il governo greco dimissionario di Lukas Papademos non ha sortito l’effetto sperato da Atene e non solo. Già il solo fatto che fosse stato annullato il vertice, declassato a semplice conference call era stato il segnale della freddezza con cui l’Europa aveva salutato l’approvazione di domenica sera delle misure di austerità richieste dalla Troika (UE, BCE e FMI), che hanno scatenato una vera guerriglia per le strade della capitale ellenica. Sono stati dati alle fiamme palazzi, locali, bar delle vicinanze del Parlamento, tanto che il governo di larghe intese ha rassegnato le dimissioni il lunedì mattina, fissando nuove elezioni per aprile.
Quest’ultimo passaggio non ha tranquillizzato le istituzioni comunitarie, che temono che la Grecia possa non dare seguito al programma di risanamento, quando si sarà formato il prossimo governo. A testimoniare che i timori di Bruxelles e dei tedeschi, in particolare, non siano del tutto infondati ci sono le stesse dichiarazioni del leader conservatore Antonis Samaras, che i sondaggi danno per prossimo premier, il quale ha affermato che in caso di vittoria rinegozierebbe il piano di austerità, che pure ha votato in Parlamento.
C’era poi il problema del buco di bilancio. La UE ha chiesto al governo di Atene un ulteriore sacrificio per 325 milioni, oggetto di contesa da settimane tra le parti e fonte di tensione pure alla teleconferenza, durante la quale Atene si è impegnata a tagliare soprattutto le spese della difesa per un pari importo, mentre i commissari europei hanno chiesto che quei sacrifici provengano da pensioni e assistenza. Inoltre, Berlino aveva espressamente richiesto ai capi dei partiti di impegnarsi ufficialmente a sostenere le misure di austerità in caso di vittoria alle elezioni. E nelle ore successive, tale promessa è stata strappata. Samaras e l’ex premier socialista George Papandreou hanno inviato una lettera con cui si dicono impegnati nel risanare i conti. Caso chiuso? Non proprio. Berlino esige che lo stesso gesto sia compiuto anche dai leader dei piccoli partiti.
Quanto all’altro punto, quello dei 325 milioni, poche ore fa è giunta la notizia che Atene sarebbe pronta a tagliare pensioni e aiuti alle famiglie con almeno tre e più figli. Un gesto distensivo verso Bruxelles, ma che non pare abbia smosso più di tanto l’Unione, che con il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha definito importanti i passi in avanti della Grecia, ma non tali da essere considerati sufficienti.
E i mercati hanno iniziato ora a perdere seriamente la pazienza. Se fino a due sedute fa sembrava esserci un certo ottimismo sull’esito delle trattative, adesso il timore di un default e per di più incontrollato diventa sempre più realistico. Ieri, la borsa di Atene ha perso il 7% e anche le altre borse europee, complice il declassamento di massa delle banche da parte di Moody’s, sono state nervose. E cosa ancora più grave, lo spread tra i nostri BTp decennali e i Bund tedeschi è risalito fino a quota 410 punti base, per poi scendere sotto i 400 bp.
La tensione è altissima a livello politico e finanziario. Non c’è più tempo per trattare. Il prossimo 20 febbraio, il vertice dell’Eurogruppo dovrà sciogliere una volta per sempre il nodo degli aiuti, ma il rischio è di una paralisi decisionale. Sempre ieri, infatti, da Berlino era giunta la proposta informale di procedere allo sblocco dei nuovi aiuti a rate, magari consentendo alla Grecia di ripagare il suo bond da 14,4 miliardi in scadenza il 20 marzo, in modo da evitare il default, ma senza avallare tutti gli aiuti di 130 miliardi, su cui l’Europa si riserverebbe di decidere dopo le elezioni. Tuttavia, i mercati non la prenderebbero affatto bene, tanto che la proposta dei liberali tedeschi è stata smentita in serata.
C’è anche il nodo dell’intesa tra governo e creditori, che è quasi raggiunta da almeno due settimane, ma resta in attesa di un segnale di fumo da parte di Bruxelles. Senza una decisione immediata (il termine ultimo è già scaduto), non ci sarebbero i tempi tecnici per fare giungere gli aiuti in tempo e per evitare così il default.
A peggiorare il clima ci sono le affermazioni reciprocamente agguerrite di Germania e Grecia. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha dichiarato di non avere intenzione di buttare via i soldi tedeschi in un fondo senza pozzo. Reazione durissima del presidente greco Carolos Papoulias, che si è chiesto pubblicamente come uno possa offendere così il suo Paese.
Tutto questo, mentre lo stesso Juncker ha commissionato uno studio alla banca d’affari Lazard per verificare quali sarebbero esattamente gli scenari, nel caso di bancarotta ellenica. In effetti, dalla stessa Grecia si ha la sensazione che l’Europa voglia fare di tutto per farla fallire, mentre a Bruxelles il default verrebbe temuto, ma allo stesso tempo considerato inevitabile, specie dopo gli ultimi episodi di violenza di piazza, che rendono ormai evidente come il governo abbia margini strettissimi per intervenire e accontentare le richieste europee.