Dall’inferno al paradiso. E’ stato questo il percorso che ha dovuto compiere il cancelliere tedesco Angela Merkel, da quando nel settembre del 2009 rivinse le elezioni federali, stavolta con una maggioranza di centro-destra sufficiente al Bundestag. Una vittoria netta sugli avversari, dopo quattro anni difficili di convivenza forzata con i socialdemocratici della SPD, nella Grosse Koalition. Fu l’ultimo appuntamento vinto dalla Lady di Ferro teutonica. Da lì in poi, il diluvio. Il cancelliere e il suo partito, l’Unione Democristiana della CDU-CSU, non sono riusciti a imporsi nemmeno in un consiglio di classe, hanno straperso ovunque, persino nelle roccheforti storiche conservatrici, come al comune di Stuttgart.
In realtà, il crollo del centro-destra tedesco non è tanto dovuto a un calo di voti dei democratico-cristiani della Merkel, bensì alla quasi scomparsa dei liberali della FDP, che sono passati in pochissimi mesi dal loro record storico del 14% alle politiche federali di due anni e mezzo fa a un miserrimo 2-3% dei sondaggi attuali. E quasi in ogni Land in cui si è votato sono rimasti esclusi dai rispettivi Parlamenti, sottraendo consensi e seggi alla coalizione e costringendo in molti casi la CDU ad allearsi con la SPD per governare.
Alle ultime politiche, in realtà, la CDU-CSU aveva ottenuto intorno al 34% dei consensi, un dato su cui ha sempre viaggiato nei sondaggi degli ultimi due anni, oscillando appena sotto o un pò al di sopra. Il vero fenomeno del 2009 era stato quello dei liberali, eclissatisi senza un perché seriamente spiegabile. In questi due anni e mezzo, la Merkel è stata criticata in patria per la sua presunta “generosità” verso gli alleati e per la sua ondivaga politica estera, ritenuta incapace di tenere il punto su qualsiasi questione. La prima parte del 2011 è stata terribile per il cancelliere, sommersa dalle critiche interne al suo stesso partito, degli alleati e per motivi opposti dei suoi avversari, in seguito all’infiammarsi della crisi dell’Eurozona. Perché se all’estero è considerata un freno ai salvataggi degli stati dell’Area Euro, a Berlino è accusata dell’opposto, ossia di sperperare il denaro tedesco per salvare il Sud Europa.
Poi, lentamente e senza rumore, la risalita nei sondaggi e nella popolarità. I tedeschi, che forse non si accontentano mai del buon governo, si sono accorti che la Germania è il Paese meglio messo in tutta l’Eurozona, per via proprio delle riforme attuate nei sei anni circa di governo dell’attuale cancelliere. I disoccupati sono al minimo degli ultimi venti anni, dalla riunificazione. Il deficit pubblico è quasi annullato e la Germania si trova in una posizione di forza in politica estera, europea soprattutto, come mai nella storia dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi.
Pian piano, l’opinione su Angela si è ribaltata. Da insipido leader di una coalizione allo sbando, è diventata l’unico leader con cui confrontarsi a Berlino, come a Bruxelles. Nel suo partito è semplicemente sparita l’opposizione interna, con sparute personalità che tentano di scavalcare il capo a destra. E proprio i toni perentori e mai concilianti del cancelliere con i partner europei, il suo essere così poco simpatica all’estero, la sua capacità di gestire le trattative con il piglio di chi frena su qualunque concessione e la fa pesare nei rapporti bilaterali sono stati tutti elementi decisivi, che hanno sottratto popolarità ai liberali, notoriamente meno euro-entusiasti e fautori di una politica punitiva contro chi sbaglia in politica economica all’estero.
La Merkel si è divorata i suoi stessi partner di coalizione, forse senza nemmeno volerlo e senza che questi se ne siano accorti. Ma ciò che più conta è che questa rinascita della sua personalità politica ha comportato il tonfo di credibilità dei suoi avversari, oggi condannati a sperare solo in una nuova Grosse Koalition, perché i sondaggi sarebbero chiari. Se a luglio il centro-destra era sotto di 18 punti percentuali alla coalizione tra SPD e Verdi, oggi, cristiano-democratici e liberali sarebbero un punto appena sopra. L’ultima rilevazione Forsa, effettuata su 2.500 persone intervistate, dice che la CDU-CSU sarebbe al 38% dei consensi, ai massimi dal settembre 2009, i liberali sempre al 3%, gli avversari della SPD a un modesto 27%, mentre i Verdi perderebbero 2 punti, attestandosi al 13%. A seguire, i protestatari dei Piraten, al 7%, stesso risultato dei nostalgici del comunismo della Linke.
Poiché sotto il 5% non si entra al Bundestag, gli alleati della FDP resterebbero fuori e non consentirebbero alla Merkel di avere una maggioranza autonoma di centro-destra. A meno che non intendesse allearsi con i Verdi, cosa che già avviene in qualche occasione, a livello di Land. Infatti, sommando i consensi di cui godrebbero Verdi e SPD, non andrebbero oltre il 40% dei voti, insufficiente per governare da soli. Paradossalmente, anche volendosi alleare (cosa esclusa a priori) con i post-comunisti, non otterrebbero molto probabilmente la maggioranza dei seggi.
E la popolarità personale del cancelliere sarebbe salita al 53%, un incremento di ben 12 punti percentuali in soli quattro mesi, visto che a ottobre era data al 41%. Dunque, o una Grosse Koalition CDU-SPD o un’inedita alleanza federale tra CDU e Verdi attende i tedeschi. Se quest’ultima ipotesi si verificasse, la Merkel avrebbe governato per tre mandati di fila, con tre maggioranze diverse, regina di alchimie, certo, ma soprattutto unico leader in Germania. Piaccia o meno a noi italiani.