Parte la rivolta contro il taglio ai costi della politica: 23 ex deputati e tre ancora in carica hanno presentato ricorso in particolare contro le norme che trasformano i “vitalizi” dei parlamentari in pensioni, aumentando nel contempo l’età da raggiungere per il percepimento delle stesse, che passa dagli attuali 50 ai 60 anni minimo. Certo, era già noto che il passaggio al sistema previdenziale contributivo era stato accolto con freddezza, in alcuni casi vera e propria rabbia, da un buon numero di onorevoli, ma fino a pochi giorni fa non si era andati oltre le proteste verbali. Ora dalle parole si è passati ai fatti, e tra quelli che han messo penna in carta ci sono in prevalenza personaggi che hanno fatto una o due legislature, dal 1994 ad oggi, mediamente tra i 40 e 50 anni e particolarmente penalizzati, essendo stati ad un soffio dal cominciare a percepire l’agognato assegno statale, e vedendoselo poi “scippare” e posticipare anche di molti anni, anche fino ai 65 per chi ha in attivo una sola legislatura.
Le “facce note” che per l’occasione hanno ricominciato a circolare nei corridoi di Montecitorio sono di provenienza politica bipartisan, ma ciò che ha destato un certo stupore è stata la netta prevalenza di deputati del Carroccio, ben 15 ricorrenti su 26.
Tra i ricorrenti risultano anche tre parlamentari in carica, di cui due sottosegretari dell’ultimo governo Berlusconi, insieme a tre ex ulivisti, due ex Forza Italia, due ex Alleanza Nazionale e persino un ex di Rifondazione Comunista. Ma la Lega è costretta a digerire un boccone amaro, visto che proprio qualche giorno prima che fosse chiara la situazione dei ricorsi aveva lanciato strali contro la Camera, rea di aver creato un fondo con i soldi risparmiati dal taglio ai vitalizi, per utilizzarlo in caso di soccombenza alle vertenze in materia, vicenda in cui ora i deputati padani sono una scomoda parte in causa. Il segretario della Lega Nord del Friuli, Pietro Fontanini, cerca di gettare acqua sul fuoco: “Questa vicenda non c’entra affatto con il partito, perchè si tratta di scelte personali” ma le polemiche e lo scherno sono ormai partiti, sia tra la gente che tra gli altri parlamentari. “È chiaro che il celodurismo contro Roma ladrona del Carroccio sia soltanto un bluff, e si afflosci quando si parla di denaro” ironizza il finiano Nino Lo Presti, mentre il giornale cattolico Avvenire si scaglia contro la faccia tosta di alcuni esponenti della casta parlamentare: “Azzardare impossibili colpi di coda è autolesionismo puro, che rischia di azzerare la residua credibilità di un ceto bisognoso di una rigorosa rigenerazione“.
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Ad ogni modo, il Consiglio di giurisdizione della Camera che dovrà esaminare i ricorsi ha fissato per il prossimo 18 aprile l’udienza pubblica in cui affrontare la questione, e saranno i tre deputati del collegio (Giuseppe Consolo, Ignazio Abrignani e Tino Iannuzzi) ad emettere il verdetto dopo una ventina di giorni.