Ancora una volta il web è salvo. L’Aula di Montecitorio ha approvato gli emendamenti alla legge comunitaria 2011 proposti da Pdl, Pd, Radicali, Udc, Fli, Idv e Api, emendamenti che si proponevano la soppressione della norma inserita nel provvedimento dal deputato leghista Giovanni Fava, e che in precedenza era passata per un “errore di comprensione” da parte degli stessi gruppi politici che oggi l’hanno affossata. Con 365 voti a favore, 57 contrari e 14 astensioni, il parere favorevole del relatore Mario Pescante (Pdl) e del ministro degli Affari Europei, Moavero Milanesi, il Parlamento ha quindi archiviato, per ora, una sorta di “Sopa” all’italiana, una legge per alcuni ancora peggiore di quella ritirata negli Usa e che avrebbe finito per imbavagliare la libera espressione nel web, non tacendo probabili effetti deleteri nel settore del commercio elettronico.
L’articolo 18, come approvato in Commissione Ue, prevedeva l’attribuzione di grandi responsabilità ai providers, che avrebbero dovuto attivarsi su input di un qualunque soggetto interessato a segnalare dei contenuti non appropriati o in presunta violazione di legge, senza passare al vaglio della magistratura nè comprovare un coinvolgimento diretto nella questione, ed in più costringeva i fornitori dei servizi web ad un monitoraggio “preventivo” sulla condotta dei loro clienti, essendoci il rischio di esserne dichiarati “complici” in caso di illeciti.
Contro una probabile paralisi della rete si erano mobilitati numerosi movimenti ed associazioni, tra gli ultimi persino Confindustria digitale, che preoccupata in particolare per le ricadute negative sul settore dell’e-commerce, aveva sottoscritto un appello per la soppressione dell’emendamento Fava insieme alle associate Assotelecomunicazioni-Asstel, Assinform, Anitec, Aiip, sostenendo, tra l’altro, che “La legge impone agli operatori di segnalare alle autorità le notizie di violazione che ricevono da parte di chi si qualifica come titolare dei diritti ed, essendo la repressione dei reati e le relative indagini prerogativa esclusiva della magistratura, non è consentita alcuna surroga da parte dei privati“. Una posizione in aperta polemica con Confindustria Cultura Italia che invece riteneva un “atto dovuto” l’introduzione della norma, ai fini della lotta contro la pirateria digitale.
Per Antonio Di Pietro quella di oggi è stata una grande vittoria, celebrata anche sulla sua pagina Facebook: “Siamo riusciti a bloccare l’ennesimo tentativo di mettere il bavaglio alla Rete, uno degli ultimi spazi di libera informazione. Una battaglia per la democrazia che abbiamo portato avanti e continueremo a sostenere fermamente”. Soddisfazione anche da parte del Pd, che tramite l’onorevole Alberto Losacco ricorda anche la “grande mobilitazione sul web che ha sconfitto il maldestro tentativo di stampo leghista” per censurare la rete.
In ogni caso, sia dal Pd che da Fli parte l’invito ad una discussione seria sulla tutela del copyright e sulla lotta alla pirateria: “Alcune preoccupazioni sottese a quella norma, soprattutto in tema di contraffazione e di rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, vanno ulteriormente approfondite in una successiva sede di esame e contemperati con i diritti di libertà di Internet”, così affermano in una nota Flavia Perina e Benedetto Della Vedova, deputati di Futuro e Libertà.