Ieri, 4,4 milioni di elettori finlandesi sono stati chiamati ad eleggere il nuovo presidente della repubblica, dopo due mandati consecutivi di 6 anni ciascuno della socialdemocratica Tarja Halonen. Le elezioni presidenziali giungono a pochi mesi dalle politiche del 2011, che hanno esitato un risultato molto favorevole alla destra anti-europeista di Veri Finlandesi, guidata da Timo Soini. Quel dato è stato alla base frutto di una forte ondata di euro-scetticismo, che ha colpito un pò tutti gli stati dell’Eurozona, per ragioni diverse da nord a sud.
Malgrado la vittoria di Veri Finlandesi, l’impossibilità di formare un governo di centro-destra con gli altri partiti più moderati e meno euro-scettici, ha portato alla clamorosa formazione di un governo di coalizione che include anche i socialdemocratici.
Pertanto, questo è il primo test del dopo politiche per valutare il gradimento dei vari partiti nel Paese e la possibile conferma della destra anti-europeista anche in questa occasione. Diciamo subito che, dai risultati parziali, sembra che il voto sconfessi in larga parte quello di pochi mesi fa. Quando sono state scrutinate 1,38 milioni di schede, il candidato conservatore Sauli Vainamo Niinisto sarebbe in testa con il 40% dei consensi, seguito dal centrista Paavo Vayrynen con il 17,8% dei voti. I Verdi con Pekka Haavisto avrebbero un ottimo 14,7%, mentre il nazionalista Timo Soini si fermerebbe a un deludente 9,5%, meno della metà dei consensi del suo partito pochi mesi fa.
Salvo clamorose quanto improbabili sorprese, al ballottaggio del 5 febbraio, quindi, vi saranno Niinisto e Vayrynen, rispettivamente di 63 e 65 anni. Niinisto appartiene al Partito della Coalizione Nazionale, lo stesso del premier Jyrki Katainen, ed è considerato uno degli uomini politici più preparati, già dato per favorito nei sondaggi. Qualora Niinisto dovesse vincere le elezioni presidenziali, è evidente che il partito della destra conservatrice pro-euro sarebbe avvantaggiato, riuscendo a tenere testa alle numerose pressioni di quanti vorrebbero un disimpegno crescente della Finlandia verso Bruxelles e l’Eurozona.
L’affluenza al primo turno è risultata lievemente in calo dal 2006, passando dal 73,9% al 72,7%. Stupisce, quindi, che uno degli stati più euroscettici dovrebbe premiare un candidato filo-europeo, anche se l’euro è stato un tema tabù durante la campagna elettorale, argomento molto impopolare tra i finlandesi, indignati per come si è evoluta la situazione della crisi del debito.