La Procura di Grosseto ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Firenze chiedendo che Schettino, attualmente agli arresti domiciliari per decisione del gip Valeria Montesarchio, torni in carcere: secondo il procuratore capo Francesco Verusio ancora oggi sussisterebbe per il comandante della Concordia il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. Nel frattempo, dai verbali dell’interrogatorio di garanzia tenutosi lunedì scorso, emerge la verità di Schettino, che non lesina accuse alla compagnia di crociere: Costa sapeva dell”‘inchino”, è una prassi diffusa, una sorta di trovata commerciale ricorrente anche a Capri a scopo pubblicità. Addirittura riferisce che l’inchino della sera del 13 gennaio, causa del naufragio, sarebbe stato pianificato e richiesto dalla società armatrice.
La difesa di Schettino punta dunque non tanto a discolparsi per gli errori commessi, quanto a ripartirli equamente, condividendo il carico di responsabilità.
Dai verbali emergerebbe anche la piena consapevolezza della compagnia, informata immediatamente dallo stesso comandante di quanto fosse appena successo: “Ho fatto un guaio, ho toccato il fondale, non sto scherzando”: queste sarebbero state le prime parole da lui pronunciate al telefono con la Compagnia Costa subito dopo l’impatto con lo scoglio. Nella sua versione della telefonata intercorsa tra lui e Roberto Ferrarini, capo dell’unità di crisi della Costa Crociere, Schettino chiarisce di aver dato da subito l’informazione della collisione sotto l’isola del Giglio: “Chiamate la capitaneria di Livorno, chiamate per mandare i rimorchiatori, per mandare gli elicotteri”. Ma ancora una volta, le versioni sono contrastanti: secondo il presidente Pierluigi Foschi, “non ha detto la verità ed ha mentito anche all’equipaggio, che non ha ricevuto la corretta informazione sulla gravità della situazione”. Questo a giustificazione del video amatoriale, girato da uno dei crocieristi, nel quale si vede una donna del personale di bordo tranquillizzare i passeggeri invitandoli addirittura a rientrare nelle proprie cabine. Particolare importante ai fini dell’inchiesta e che sarà accertato dall’analisi della scatola nera, il cui contenuto dovrebbe svelare le conversazioni tenutesi in plancia di comando e che la Procura della Repubblica ha acquisito ai fini dell’incidente probatorio.
Anche qui, tuttavia, Schettino rivela un particolare importantissimo: pare che il Voice data recorder fosse guasto da una quindicina di giorni, motivo per il quale probabilmente ciò che è stato detto a bordo in cabina di comando non sarebbe stato registrato; rimarrebbe solo traccia delle registrazioni del Voyage data recorder, con il rilievo della rotta.
Schettino reagisce anche all’accusa, la più infamante per un marinaio, di aver tentato la fuga nelle fasi immediatamente successive all’impatto: “Sono rimasto su uno scoglio, dove mi hanno trovato i vigili: ero in divisa e riconoscibilissimo”.