Il vertice di ieri sera del PDL a Palazzo Grazioli non ha esitato alcunché di concreto, ma è stato l’occasione per fare il punto della situazione e per verificare lo stato del partito a due mesi e mezzo dalla caduta del governo Berlusconi. A presiedere c’era l’ex premier, che ha ascoltato le tesi degli ex An, che vogliono il voto anticipato, e di Gianni Letta, sostenuto anche da Fabrizio Cicchitto, che invitavano alla prudenza per evitare il rischio di essere additati a responsabili di un rinfocolarsi della crisi, in caso di elezioni anticipate.
Il presidente Berlusconi ha ascoltato tutte le anime, che non gli hanno nascosto che così non si può andare avanti. Gli stessi sondaggi assegnano al PDL un misero 24%, contro il 37,4% che il partito prese nel 2008.
Certo, bisognerebbe sommare i voti persi dei finiani fuoriusciti, ma i sondaggi più entusiasmanti per il presidente della Camera gli darebbero non oltre il 4%. A conti fatti, mancherebbero agli azzurri quasi dieci punti percentuali, soltanto in minima parte erosi dai leghisti, mentre andrebbero essenzialmente nel non voto. E certo, il ragionamento di ieri è che un partito in queste condizioni non potrebbe minimamente presentarsi in modo credibile alle elezioni.
Ma allora cosa fare? Per ora, la tesi condivisa da tutti sarebbe di vivacizzare il dibattito politico, rilanciando le proposte e mostrando un partito vivo e in grado di determinare il corso politico.
Un primo messaggio in tal senso è arrivato ieri stesso, quando il governo è stato battuto due volte alla Camera, in seguito all’astensione proprio del PDL. L’esecutivo aveva dato parere contrario a una mozione di Idv e Radicali in tema di rapporti con la Libia sull’immigrazione, ma è andato sotto.
Un risultato che è stato un segnale che il PDL ha voluto lanciare a Monti: o ci ascolti o non governi. Ma il rapporto con la Lega Nord è uno dei punti strategici del futuro del partito e nella direzione di un riallaccio dei rapporti si sono espressi gli ex An, mentre lo stesso Maurizio Lupi avrebbe avvertito che Casini utilizzerebbe Monti per distruggere il PDL.
Diffidenza verso i centristi, quindi, volontà di non rompere con il Carroccio. Anche se Berlusconi sembrava molto più preoccupato della crisi che di Bossi.