Tunisia, un anno dopo. Tanto è passato da quando l’ex presidente ben Alì fu costretto a lasciare il potere, che deteneva ininterrottamente da 24 anni, dal 1987. Tutto iniziò, quando agli inizi di dicembre del 2010, il giovane venditore ambulante Mohamed Bouzizi si arse vivo davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid, per protestare contro le precarie condizioni di vita a cui era costretto, come altri milioni di tunisini, a vivere. La sua morte, avvenuta dopo due settimane di sofferenze in ospedale, accese la miccia della Rivoluzione, di cui oggi si festeggia ufficialmente il primo anno, scendendo in piazza a Tunisi, nella centrale via di Avenue Habib Bourghiba.
Migliaia di persone sono scese in strada con cartelloni e striscioni, in cui campeggiava il nome dell’ambulante, ma anche domande sul cambiamento reale del Paese.
Le elezioni si sono tenute a ottobre e il partito islamico e moderato di Ennahda ha sbaragliato tutti con il 40% dei consensi. Adesso, all’Assemblea Costituente, governa con altri due partiti di diversi schieramenti e il Paese sembra relativamente tranquillo, malgrado qualche giorno dopo le elezioni vi sia stato qualche accenno di insurrezione. Invece, la stabilità politica a cui la Tunisia sembra soggiacere, pare che abbia riportato tutti gli animi alla calma.
Quello che si chiedono molti qui in piazza è soprattutto se la rivoluzione abbia funzionato. Le domande vertono specie su lavoro, dignità e libertà, che spesso sotto ben Alì erano stati trascurati.
Preoccupano le condizioni difficili del lavoro, che è una costante comune in tutto il Maghreb e rappresenta la sfida più grande alla quale il nuovo corso politico è chiamato a dare una risposta immediata.
Il trionfo di Ennahda ha un fattore comune con quello avvenuto in Marocco e in Egitto delle formazioni filo-islamiche: la capacità di rappresentare le aspirazioni della masse popolari alla liberazione dalle catene della povertà e della mancanza di libertà.
Che ci riusciranno è tutto da vedere, anche perché come spesso capita, la caduta di un regime è seguita da una certa dose di retorica e di populismo, che sono ingredienti alla lunga determinanti per creare un certo clima di reflusso. Ma oggi è il compleanno della Rivoluzione. Domande sì, ma non c’è tanto spazio per l’auto-critica. La si farà in futuro.