Nel mese di dicembre, l’indice Pmi manifatturiero si è attestato in Cina a 50,3, in netto rialzo dai 49 punti di novembre e dal consensus di 49,1, anche se il sotto-indice relativo agli ordini mostra ancora segni di debolezza, attestandosi a 48,6, ossia sotto i 50 punti, per il terzo mese consecutivo. E 50 rappresenta la cesura tra recessione ed espansione dell’attività.
Dunque, secondo gli economisti, la Cina avrebbe stabilizzato il trend discendente della propria economia e difficilmente si avvereranno gli scenari più pessimistici del governo, ossia di una crescita nel 2012 sotto l’8%, soglia critica di crescita.
E per spiegare le ragioni della così impetuosa crescita del colosso asiatico, si pensi solo che la Cina è prevista diventare entro il 2020 il secondo partner commerciale per l’America Latina, scalzando da questa posizione l’Unione Europea. Solo tra il 2008 e il 2009, ad esempio, l’interscambio tra Cina e Sud America è cresciuto a ritmi doppi, rispetto a quello con il resto del mondo.
Anche in seguito alla vittoria di governi di sinistra, nel Sud America si sta spostando la domanda di beni dagli USA e UE verso la Cina, così come lo stato asiatico sta diventando sempre più un mercato di sbocco decisivo per le merci sudamericane.
Dall’interscambio, pare che a guadagnarci di più sia la Cina, mentre l’America del Sud rischia un’eccessiva dipendenza dall’export verso di essa. In particolare, gli economisti mettono in guardia dal rischio che il Sud America si concentri troppo nelle esportazioni in Cina di materie prime a basso valore aggiunto, anche se senz’altro beneficia dell’importazione di tecnologia, che potrà mettere a disposizione della propria crescita futura.