Le agevolazioni e gli sconti fiscali ammontano per complessivi 253 miliardi, che rappresentano per lo stato un minore introito, per effetto della minore base imponibile. E’ questo il risultato di mesi di monitoraggio del Tesoro, iniziato già quando al ministero c’era ancora il ministro Giulio Tremonti.
Sono le cosiddette “tax expenditures“, su cui ci si propone di mettere mano, per arrivare a un sistema di tassazione più razionale e lineare. In realtà, fanno sapere da Via XX Settembre, che 83 miliardi dei 253 sarebbero “intoccabili”, perché rappresentano previsioni legislative, per evitare doppie imposizioni e per conformarsi al diritto comunitario o ancora per adempiere ai principi costituzionali (vedasi detrazioni per figli a carico).
Ma restano 170 miliardi, che sono circa l’11% del pil e su cui il governo dovrebbe puntare per arrivare a un sistema di tassazione più leggero per tutti, anche se meno generoso nelle detrazioni e agevolazioni.
Pare che di questi 170 miliardi, il governo vorrebbe salvare le detrazioni in favore del lavoro e delle pensioni, così come alcune in favore delle imprese. Tolte queste, resta ancora un mare di entrate potenziali, che consentirebbero all’Italia di ridurre fortemente la pressione fiscale su lavoro e imprese, di raggiungere gli obiettivi di bilancio e persino di ridurre l’IVA, non di aumentarla.
Sembra un obiettivo troppo ambizioso per la politica dei governicchi italiani. Per il momento, sappiamo che il governo dovrà avvalersi della revisione delle agevolazioni, se vorrà evitare che entri in vigore il taglio lineare fino al 20% di tutte le detrazioni. Per questo, Monti ha previsto una clausola di salvaguardia, che farebbe scattare da settembre 2012 un aumento di due punti dell’IVA al 21% e al 10%, nel caso non si fosse già messo mano alla riforma.