Questione chiusa? Nemmeno per sogno. E’ ormai guerra aperta in Rai per la rimozione dal Tg1 del “direttorissimo” Augusto Minzolini, una lotta senza esclusione di colpi che adesso si incentra sui cavilli giurisprudenziali. Secondo i “minzoliniani”, infatti, sarebbe illegittima la delibera del Cda Rai che ha messo la parola fine all’ormai arcinota conduzione di quello che è apparso indubbiamente come il direttore più berlusconiano di tutti i tempi. In particolare, l’obiezione fa riferimento ad una sentenza della Corte di Cassazione che ha definito la Rai come “una società per azioni” ed in quanto tale “regolata secondo il regime generale delle società per azioni”, di conseguenza sarebbe nulla la decisione del Dg Lorenza Lei (approvata a maggioranza dal Cda) di sollevare Minzolini dall’incarico a seguito del rinvio a giudizio per peculato, in quanto si basa sulla legge 97 del 2001 per i dipendenti di amministrazioni o enti pubblici, ovvero a prevalente partecipazione pubblica.
Antonio Verro, consigliere Rai in quota al Pdl, che si era opposto alla proposta della Lei, è categorico nell’affermare che la sentenza in oggetto taglia la testa al toro e si spinge addirittura a richiedere il reintegro dell’ex direttore: “Mi auguro che già nel prossimo Cda il direttore generale porti una proposta per sanare la questione e riaffidare la direzione del Tg1 a Minzolini”.
Alle stesse conclusioni giunge anche un altro “pidiellino”, Alessio Butti, capogruppo in commissione di Vigilanza Rai, che fa riferimento anche al “Testo Unico della Radiotelevisione” per supportare ulteriormente la tesi dell’illegittimità dell’operazione che ha estromesso Minzolini. La risposta della Rai non si è fatta certo attendere ed è arrivata attraverso una nota diffusa dai legali di Viale Mazzini: “L’affermazione sulla natura di società per azioni di Rai non incide sulla applicabilità della legge n. 97 del 2001… riferendosi non solo ai pubblici impiegati, ma anche ai dipendenti di enti a prevalente partecipazione pubblica… La Rai, che al tempo stesso è regolata dal regime delle spa e soggetta ad una disciplina particolare per determinati aspetti ed a determinati fini, riguardanti anche la giurisdizione, chiaramente dettata da interessi di natura pubblica”.
Intanto, mentre da alcuni giornali si lanciano indiscrezioni su di una Lorenza Lei sottoposta a forti pressioni dagli ambienti berlusconiani, cosa fa il protagonista della storia, Augusto Minzolini? Molto semplice, da un lato si dice fiducioso che alla fine tornerà al suo posto e dall’altro si scatena come un fiume in piena, rilasciando interviste e dichiarazioni a profusione, interventi nei quali nega qualunque addebito per la vicenda che lo vede imputato e restituisce ai mittenti tutte le critiche sulla “presunta” faziosità ed il flop di ascolto dovuto alla sua linea editoriale.
Che dire dunque di una vicenda paradossale che vede mescolati la sempreverde lottizzazione del servizio pubblico, la deontologia dei giornalisti ed infine la giustizia penale e civile?
Forse bisognerebbe almeno riflettere sulle modalità che hanno portato un dipendente della Rai ad essere trasferito ad altro incarico e non licenziato, una situazione simile a quella della sua ex “sottoposta”, la conduttrice Tiziana Ferrario. In quel caso però, lo stesso Minzolini, con un inopportuno codazzo di fiancheggiatori politici, battagliava dal lato opposto della barricata e la pensava in maniera completamente diversa sulle “ingerenze” della giustizia nella gestione degli affari interni di una azienda, pubblica o privata che la si voglia far apparire. Insomma il classico “due pesi, due misure”.