L’agenzia di rating Fitch stanotte ha emesso una nota, in cui annuncia un possibile declassamento del debito USA, a causa dell’alto livello di indebitamento federale, che non accenna a diminuire, nonché alla lentezza delle riforme intraprese da Washington, che l’agenzia invita a mettere in atto al più presto, per un importo complessivo di 3.500 miliardi di dollari nella riduzione dei costi.
Fitch sostiene che l’andamento del debito, che dovrebbe attestarsi al 90% del pil nella seconda parte del decennio, non è compatibile con la massima valutazione e avverte che non prima del 2013 potrebbe esservi un “downgrade” da parte sua, nonostante le previsioni sulla crescita non siano negative.
La nota di Fitch giunge dopo quella del 28 novembre, nella quale variava in negativo l’outlook americano, a causa del mancato accordo bipartisan per il taglio del deficit federale per 1.200 miliardi di dollari in dieci anni.
E sempre dagli USA giunge oggi la notizia che la Camera non ha accettato il piano del Senato sui tagli fiscali per i lavoratori e chiede che ne venga concordato un altro uguale per entrambi i rami del Congresso. Questo stallo rischia di aumentare le tasse sui lavoratori, facendo crescere l’imposizione dal 4,2% oggi prevista al 6,2%, per una perdita di reddito annuo calcolata in mille dollari per ciascuno.
Gli economisti sono preoccupati della possibilità che se non arriva una legge concordata in tempo, la perdita del potere di acquisto sarebbe tale, da distruggere 168 mila posti di lavoro e rallentare la già poco dinamica crescita. Peraltro, è già questo il segnale della fase di paralisi che si respira a Washington, che non prelude a un clima nel quale potere con efficacia affrontare il problema del debito federale.