Le consultazioni del premier Mario Monti con i due leader dei principali partiti, Silvio Berlusconi e Pierluigi Bersani, sono avvenute ieri, per approfondire l’agenda delle riforme dopo la manovra e lo stato dei lavori sui provvedimenti che dovrebbero essere esitati entro domani dal Senato. Il primo ad incontrare il premier è stato Berlusconi, che lo ha incoraggiato ad andare avanti e a presentare con maggiore determinazione un piano per le riforme. Ma lo stesso Berlusconi, dopo avere ribadito il sostegno più convinto al governo, ha anche ammesso allo stesso presidente del consiglio che il suo partito non tollererebbe più alcuna stretta sulle tasse. Quanto fatto finora è soltanto frutto dell’emergenza ma, spiega l’ex premier, il PDL non potrà accettare nuovi aumenti di tasse.
In privato Berlusconi spegne qualsiasi tentativo da parte di fette importanti del suo stesso partito di fare cadere il governo: se ne assumerebbe la responsabilità per i prossimi venti anni, ribadisce. In ballo c’è la stessa sopravvivenza del PDL e la costruzione delle alleanze elettorali, che ad oggi non esistono.
Monti ha visto anche il segretario del PD e l’incontro non è stato il rosa e fiori che solo qualche settimana fa ci si sarebbe atteso. Tutt’altro. Bersani ha “consigliato” al Professore di accantonare la riforma sull’articolo 18, mentre lo ha spronato ad andare avanti sulle liberalizzazioni. Il leader del PD è in forte imbarazzo, perchè teme che la nuova agenda delle riforme allontani il suo partito dalla base dei consensi su cui si fonda e tutto questo metterebbe in pericolo sia il risultato alle prossime elezioni, ma forse ancora prima la sua stessa leadership traballante.
Per questo motivo, o nelle prossime settimane si trova la ragione del sostegno al governo o le urne saranno una certezza già nella prossima primavera. Infatti incombe il referendum sulla legge elettorale, su cui dovrà pronunciarsi la Corte Costituzionale il prossimo 20 gennaio. Qualora si desse il via libera, i due maggiori partiti, PDL e PD, potrebbero accordarsi su una nuova legge elettorale che li avvantaggi a discapito dei piccoli partiti come UDC e Idv, evitando di regalare all’UDC il ruolo di ago della bilancia in tutte le prossime competizioni elettorali.