Il governo italiano avrebbe acconsentito allo sblocco del capitale Unicredit in mano al fondo sovrano libico, che era stato congelato, subito dopo l’inizio delle operazioni militari della Nato contro il regime del Colonnello Gheddafi. Secondo indiscrezioni, sarebbe stata scongelata una quota pari a 375 milioni di euro, un valore che corrisponde esattamente alla quota-parte del fondo libico, per esercitare il suo diritto di opzione per l’aumento di capitale previsto a inizio gennaio.
Unicredit ha deciso, infatti, di ricapitalizzarsi per 7,5 miliardi, seguendo le indicazioni dell’Eba, malgrado avrebbe avuto bisogno di un aumento di capitale inferiore per 2,4 miliardi circa, essendo stato riconosciuto come capitale all’80% il suo bond ibrido da 3 miliardi, emesso nel 2009. Possedendo i libici il 5% circa del capitale, la quota loro necessaria per mantenere inalterata la propria posizione è, appunto, di 375 milioni.
L’ad Federico Ghizzoni non ha voluto, invece, commentare le indiscrezioni relative al capitolo Brontos, un complesso di operazioni finanziarie, che l’Agenzia delle Entrate ritiene siano state compiute insieme a Barclays solo allo scopo di sottrarre imponibile allo stato italiano e dalle modalità apparentemente illecite.
Ghizzoni non esclude sanzioni verso chi avrebbe eventualmente sbagliato, anche se è difficile che esse possano essere comminate, dato che la firma per l’ok delle operazioni è stata apposta dall’ex manager Alessandro Profumo, già liquidato con una buona uscita di 40 milioni di euro. L’ad ha affermato di non avere intenzione di commentare le ipotesi circolate in queste ore su una presunta trattativa con il fisco, per giungere a un accordo sul dovuto.
Le operazioni di cui sopra sono ancora oggetto di indagine del Tribunale di Milano, che aveva anche disposto il sequestro di 245 milioni di euro, poi considerato illegittimo da parte del Riesame.