Già prima di insediarsi si sapeva che il governo tecnico per definizione non sarebbe stato popolare, perché se così fosse, allora al suo posto ci starebbe benissimo un esecutivo politico. E in effetti la luna di miele sembra stia durando poco tra il nuovo governo e gli italiani. Non hanno certo giovato al nuovo premier la reintroduzione dell’ICI sulla prima casa e il taglio delle pensioni, così come la stangata fiscale con i mille nuovi balzelli previsti in finanziaria. E così, il suo tasso di gradimento è passato dal 62% al 58%, secondo Ipr Marketing, la cui rilevazione è stata pubblicata su Repubblica. E pensare che tra la grande stampa è tutto uno sviolinare le prodezze del nuovo governo e le capacità di Super-Mario.
Ma è in quel “lento” che il Corriere della Sera dava al premier prima del varo della manovra correttiva che va individuato un certo disincanto non ostentato anche tra coloro che lo hanno sostenuto con tutte le loro forze per disarcionare il Cavaliere.
C’è insofferenza dei partiti che lo hanno voluto al governo per il suo modo di gestire questa fase, ossia con fare schivo, quasi nobiliare, lontano dalla capacità comunicativa che un premier dovrebbe avere, in ogni caso, che sia tecnico o politico. E non può soddisfare proprio la sinistra quanto il governo sta facendo su un capitolo delicato e sensibile come quello delle pensioni. Non è credibile un PD che ha abbaiato al lupo per anni, quando a Palazzo Chigi c’era Berlusconi, e adesso vota in quattro e quattr’otto una super-riforma della previdenza, con scaloni di sei anni.
Per questo, un po’ tutti i leader non pensano che il governo possa durare fino al 2013. Anzi, non se lo augurano. A gennaio, poi, c’è la questione del referendum sulla nuova legge elettorale, su cui si dovrà pronunciare la Corte Costituzionale. Nel caso molto probabile che la Consulta dicesse sì, ammettendo i quesiti, i partiti non potrebbero andare a sbattere contro il nuovo meccanismo elettorale, che priverebbe le segreterie del diritto di nomina degli eletti.
Ecco che Berlusconi, Bersani e Casini sono già al lavoro per tentare di prepararsi sotto voce e in incognita alle nuove elezioni, che si terrebbero così la prossima primavera.