Chi lo avrebbe mai detto che il primo siluro del presidente della Camera, Gianfranco Fini, sarebbe avvenuto proprio sui tagli alla Casta? Eppure il leader di Fli non ce l’ha fatta a contenere la sua irritazione per i tagli alle indennità dei parlamentari che il nuovo governo Monti avrebbe voluto varare da sé, inviandogli un messaggio chiaro e in pubblico: sulle indennità decide il Parlamento. In verità, Fini ha anche aggiunto che il Parlamento non si opporrà di certo all’attuazione delle misure già previste, ma che dovrà essere preservata la sua autonomia. Tradotto in termini concreti: i tagli li decide il Parlamento, quelli decisi dal governo saranno rinviati e così per l’ennesima volta i furbi si confermano furbi. Ovvio che non ci sarà alcun taglio nè ai vitalizi, nè a qualsiasi altra indennità prevista per deputati e senatori. E’ sempre stato così e sempre (forse) lo sarà.
Ironia della sorte, la prima uscita di Fini contro il governo è stata solo per tutelarsi la pagnotta. Su questo aspetto, nessuno come lui è in grado di difendere gli interessi della Casta, come ha benissimo dimostrato anche sotto il precedente governo, quando pure erano stati varati provvedimenti taglia-indennità.
Altro che interventi per mitigare lo scalone previdenziale di 6 anni o per attutire il colpo durissimo contro la casa o il rincaro alla pompa dei carburanti. Il Parlamento continua a pensare all’unico argomento che gli sta realmente a cuore: la pagnotta sua! Se l’abrogazione dei vitalizi era considerata un fatto di giustizia e di condivisione di “sacrifici” da parte del potere politico con gli italiani, ora tutto ritorna come prima. Se, infatti, entro la fine del mese ciascuna Camera non deciderà per l’abrogazione dei vitalizi dei propri appartenenti, con l’entrata del nuovo anno si saranno salvati proprio coloro che avrebbero perso il diritto dall’1 gennaio.
Potranno stare tranquilli tutti i politici 50enni, come l’ex presidente della Camera, Irene Pivetti, che avrebbe dovuto così ritardare di almeno dieci anni il diritto alla pensione. La previsione del governo era, infatti, di concedere il diritto al lauto vitalizio solo a 60 anni di età (per i comuni mortali, l’età pensionabile è innalzata a 67 anni) o a 65 anni, ma solo se il deputato o senatore abbiano alle spalle una sola legislatura.
Pensate mica che in poco più di due settimane gli onorevoli e i senatori troveranno il tempo per tagliarsi qualche privilegio, tra l’approvazione della manovra e le feste di Natale? No, certo. E’ la Casta, bellezza!