Fa molto discutere, tra i politici e la gente comune, il fatto che le misure varate dal governo Monti siano apparentemente troppo “timide” con i ceti più alti e “martellino” quelli tendenti al basso. Se questo è in parte opinabile, si rimane però abbastanza contrariati nello scoprire che vi sono situazioni in cui alcune imposte sono strutturate addirittura per essere più “convenienti” in presenza di un reddito più elevato. E’ il caso, ad esempio, della famigerata Imu (la nuova Ici) che sarà più mite per i proprietari con redditi al di sopra dei 100.000 euro, così come annunciato dalla Cgia di Mestre: “Nonostante le novita’ introdotte dal Governo Monti che prevedono l’aumento del 60% delle rendite catastali sulle abitazioni, la nuova tassazione sulle seconde case premiera’ i ricchi“, è quanto si legge in una nota, spiegata ulteriormente da Giuseppe Bortolussi, segretario dell’ente, che sottolinea come la nuova Imu avra’ una aliquota del 7,6 per mille, che ingloberà oltre all’Ici anche l’Irpef sugli immobili ed addizionali regionali e comunali.
“Se con l’attuale sistema, l’Irpef sugli immobili aumentava al crescere del reddito, garantendo cosi’ un criterio di progressivita’, ora l’Imu sara’ praticamente una tassa piatta, che consentira’ ai piu’ ricchi, rispetto all’applicazione dell’Ici, aggravi di imposta piu’ lievi man mano che cresce il reddito” conclude lapidario Bortolussi, sottolineando ancora i vantaggi per i summenzionati redditi oltre i 100 mila euro.
Questa volta, per produrre i dati dello studio sono stati presi in esame 4 tipologie di proprietari con redditi crescenti (25.000 Euro, 50.000 Euro, 100.000 Euro, 150.000 Euro) utilizzando come valori della tassazione attuale una Ici di aliquota media nazionale del 6,4 per mille, l’addizionale Irpef Regionale di 0,9% e l’addizionale Irpef Comunale di 0,4%. Per l’Imu e’ stata invece considerata un’aliquota media del 7,6 per mille, con la rivalutazione catastale in arrivo del 60%.
Ma non è la prima volta che questo “bizzarro” (o voluto) fenomeno si materializza per le imposte riguardanti il mondo immobiliare. Qualche tempo fa uno studio analogo (sempre della Cgia di Mestre) relativo all’introduzione della cosiddetta “cedolare secca” sugli affitti da parte del governo Berlusconi, ebbe risultati concettualmente simili. Se fu innegabile ammettere che un’adesione massiccia dei locatori al nuovo regime fiscale avrebbe prodotto, nel complesso, dei risparmi consistenti per le loro tasche, il responso della comparazione mise di nuovo in luce che al di sopra della soglia reddituale di 29.000 euro annui la convenienza della nuova imposta si sarebbe via via accentuata.
Sempre lo stesso Bortolussi dichiarava ancora che “da questa soglia di reddito in su, lo sgravio fiscale medio oscillera’ tra i 740 euro, sino a toccare i 2.172 euro per un locatore con un reddito complessivo superiore ai 75.000 euro”.
Alla luce di questi dati, cosa commentare quindi, se non che a prescindere da eventuali ragioni tecniche, queste disdicevoli “similitudini” tra il precedente governo e l’attuale non sono certo improntate all’insegna della tanto decantata “equità”?