La crescita del nuovo gigante asiatico da 6 mila miliardi di dollari di pil è in frenata, come confermano i dati degli ultimi due mesi. Si riduce l’export verso il resto del mondo e gli USA e UE, in particolare, passando dal valore complessivo di 61,7 miliardi di dollari di settembre (quasi equamente ripartito tra le due aree) ai 57,3 miliardi di ottobre.
E se le esportazioni sono in frenata, per effetto di una minore domanda globale, a sua volta conseguenza del rallentamento brusco della crescita mondiale, anche il pil cinese risente dell’influsso negativo del canale estero, con il pil che cresce nel terzo trimestre del 9,1%, contro il 9,5% del secondo. E per il primo trimestre del 2012, ci si attende anche la possibilità di una crescita sotto l’8%.
Un’eventualità, questa, che il governo vede di cattivo presagio per la tenuta dell’occupazione, necessaria per il mantenimento della pace sociale. La Cina ha bisogno di creare sempre nuovi posti di lavoro e un brusco rallentamento della crescita farebbe venire meno questo ammortizzatore sociale, che si chiama occupazione.
La crescita cinese dipende ancora per il 40% dalle esportazioni e non è un caso che si stia adesso tentando di puntare sulla domanda interna, cosa che era già prevista nel nuovo piano quinquennale del governo, ma che verrebbe ora accelerata, data la prospettiva di un peggioramento dell’economia mondiale.
Per questo, da ieri il coefficiente della riserva obbligatoria per le banche è passato dal 21,5% al 21%, nel tentativo di fare affluire maggiore credito alle famiglie e alle imprese. Ma il vero nodo resta sempre uno e solo uno: il tasso di cambio. Benché sia stato di recente rivalutato di un paio di punti percentuali, solo una sua decisa rivalutazione (20-30%) porrebbe le condizioni per una crescita equilibrata tra le varie aree del mondo e darebbe modo alla Cina di puntare su un’economia senza grosse distorsioni, oltre che sollevata dal pericolo dell’inflazione. Ma Pechino non sembra disposta a correre il rischio di una crisi sociale derivante da un mutamento netto del tasso di cambio.