La banca centrale di Pechino ha confermato quanto si prevedeva da tempo. Il comparto immobiliare sarebbe a un punto di svolta, secondo le autorità monetarie cinesi, come confermerebbe il rallentamento degli investimenti nel settore, complici sia una minore offerta di credito che un minore afflusso di capitali dall’estero.
Per il terzo mese consecutivo, a novembre si è registrato un calo dei prezzi delle case dello 0,28%. Non un tonfo, quindi, ma il segno che il mercato ha invertito la tendenza rialzista. E sempre a novembre, dicono i dati della banca centrale, la massa dei prestiti delle prime quattro banche cinesi si è attestata a 500 miliardi di yuan, contro una previsione di 600 miliardi.
Rispetto al mese di dicembre del 2010, le compravendite di case sono crollate ad oggi del 55,8%. Ciò è dovuto essenzialmente alla politica monetaria restrittiva, messa in atto dal governo da oltre un anno, che si è espressa in un aumento dei tassi e dei coefficienti di riserva obbligatoria per gli istituti di credito, al fine di frenare sia l’aumento generale dei prezzi, sia anche l’euforia eccessiva nel settore immobiliare.
E a settembre, il valore dei capitali in entrata dall’estero è stato inferiore ai capitali cinesi verso l’estero, segnalando l’acuirsi della crisi globale, che farebbe affluire minori investimenti nel Paese, compreso proprio nel settore degli immobili.
Il raffreddamento dei prezzi immobiliari è un obiettivo del governo di Pechino, ma si teme che un crollo del 20-30% dei prezzi delle case, se avvenisse troppo rapidamente, porterebbe a un possibile sconquasso del sistema creditizio, oltre che ad effetti negativi sulla crescita del pil, che già agli inizi del prossimo anno potrebbe rallentare, fino a portarsi al di sotto dell’8%.
E la Cina teme che un rallentamento della crescita sotto questo livello possa comportare un problema per l’occupazione, cosa da evitare, così come l’alta inflazione.