Mancano tre giorni alla presentazione e alla contestuale approvazione in Consiglio dei ministri del pacchetto di misure che dovrebbero rispondere alla lettera della BCE per un risanamento più virtuoso dei conti e per il rilancio della crescita. Fino ad oggi il governo è stato circondato da un’aura di inviolabilità, come mai nella storia repubblicana. Ma ad essere sinceri, ad oggi Mario Monti non ha presentato alcun provvedimento, quindi per la sua sconfinata maggioranza è stato pure facile fingere una condivisione di fondo del programma. Adesso che le misure sono in arrivo e che sulla stampa ne circolano alcune bozze, ecco che partono i paletti e i distinguo di ciascuno schieramento, con l’unica eccezione dei centristi di Casini, per i quali Monti potrebbe pure dichiarare guerra all’Onu, senza incorrere in alcuna critica.
Se qualche giorno fa il segretario del PD, Pierluigi Bersani, aveva definito inaccettabile il veto del PDL sulla patrimoniale, destino vuole che con scarsa e usuale incoerenza egli faccia lo stesso a ventiquattro ore di distanza, ma sul capitolo delle pensioni.
Sì, perchè la Camusso non riesce a contenere la base in fermento e la sinistra radicale scalpita per scendere in piazza per protestare contro quelle che giudica misure da macelleria sociale. Il PD, dopo avere gridato al lupo sotto il governo Berlusconi, ora difficilmente potrebbe approvare misure ben più pesanti sul fronte sociale, pena la perdita di molti voti a sinistra. Ed ecco che Bersani ha avvisato Monti che su alcuni punti non è detto che il suo partito sia d’accordo, invitando il premier a discuterne. E ieri il Giornale parlava di fine della “luna di miele” tra il nuovo governo e i Democratici. Il caso Fassina non è che la spia del malcontento di un partito che, dopo avere gioito per essersi liberato di Berlusconi, adesso rischia di trovarsi sostenitore e azionista principale di riferimento di un esecutivo tacciato a sinistra di “ultra-liberismo”.
Dall’altra parte, il capogruppo del PDL alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ieri ha mostrato il distinguo più forte dei berlusconiani da quando il governo Monti è nato. Cicchitto ha ribadito il sostegno del suo partito a misure che vadano nel senso del risanamento, ma ha aggiunto che non potrebbero essere accettati profili di iniquità, quali presenterebbe, ad esempio, la reintroduzione dell’ICI sulla prima casa, che è un bene su cui gli italiani risparmiano.
Mario Monti dovrà così affrontare un no a destra e uno a sinistra e l’ex premier Berlusconi ha già confermato di essere in campagna elettorale. Difficile che si riesca ad andare lontani. L’unica cosa che dovrebbe sperare il nuovo premier è che i sondaggi non siano ancora benevoli con il PDL, perchè non appena si sarà consolidato il trend di recupero dei consensi degli azzurri, la spina gli sarebbe immediatamente staccata.