Il nuovo ministro del lavoro e delle politiche sociali, la professoressa Elsa Fornero, lo aveva già ampiamente anticipato e lo ha ribadito in una recente intervista per il quotidiano “La Repubblica”: “In un momento in cui si è costretti a richiedere duri sacrifici alle famiglie con provvedimenti draconiani che colpiscono anche le fasce più deboli, non si può prescindere dall’abolizione delle ingiustificate posizioni di privilegio che perdurano per molte categorie difficilmente annoverabili tra i bisognosi, come i liberi professionisti con le loro casse e i politici con i loro vitalizi“. E così i privilegiati per eccellenza, ossia i politici, anche grazie all’attivismo delle presidenze di Camera e Senato, stanno per mettersi in linea con il resto del Paese.
In verità già l’estate scorsa, per quanto riguarda Montecitorio, l’ufficio di presidenza aveva avanzato la proposta di un cambiamento del sistema “a decorrere dalla prossima legislatura” per l’introduzione di nuove modalità per il calcolo previdenziale ed in seguito anche il Senato si era allineato a questa strada.
Ora Gianfranco Fini e Renato Schifani, dopo l’incontro con la titolare del Welfare, hanno sottoscritto una nota formale che sancisce lo stop ai vitalizi “particolari” di deputati e senatori, fatti salvi i diritti acquisiti. Per i nuovi eletti gli assegni verranno calcolati con il metodo contributivo a partire dal primo gennaio 2012. Da quel momento sarà quindi effettivo il sistema di calcolo “in analogia con quanto previsto per la generalità dei lavoratori” e varrà interamente per i neo-eletti e “pro rata” per coloro che già adesso sono parlamentari. Ancora, sempre dall’inizio dell’anno prossimo, i parlamentari cessati dal mandato non potranno percepire il trattamento pensionistico prima del compimento dei 60 anni di età, nel caso abbiano esercitato il mandato per più di una intera legislatura, o altrimenti al compimento dei 65 anni di età per chi abbia versato contributi per una sola legislatura intera.
Soddisfazione da parte di Anna Finocchiaro, per il Pd, che ritiene quella di oggi una decisione “nella giusta direzione verso una maggiore equità“, mentre la nota critica viene da Antonio Borghesi, di Idv, secondo il quale il richiamo ai “diritti acquisiti, che non esistono per gli altri lavoratori, appare quanto mai inadeguato e si tratta dunque, ancora una volta, di un interventicchio”.
Ma di questi tempi, forse, se le cose staranno davvero così, non si può non avere un minimo di soddisfazione.