Alle ore 8 della mattina (le 7 in Italia), si sono aperti i seggi in Egitto, per il rinnovo del Parlamento nelle prime elezioni politiche libere da quando nel mese di febbraio, il rais Hosni Mubarak è stato deposto, dopo trentuno anni di potere assoluto. Sono chiamati al voto 40 milioni di cittadini, su una popolazione all’incirca il doppio, il che sottolinea quanto numerosi siano qui i minorenni, ossia quanto rapida sia la crescita della popolazione. Sin dai primissimi minuti, centinaia di persone erano in coda ai seggi, per quella che si annuncia quale un’importante partecipazione di massa per scegliere il futuro politico del dopo Mubarak. Negli ultimi giorni, la tensione è tornata altissima nella capitale e nelle principali piazze dell’Egitto. In particolare, a Piazza Tahrir si sono registrati diversi morti e feriti non più tardi di una settimana fa, durante le proteste contro la giunta militare di transizione, accusata dagli oppositori di mirare alla conservazione del potere.
Il governo si è persino dimesso e adesso si parla di un esecutivo di unità nazionale, guidato da El Baradei, già a capo dell’Agenzia atomica dell’Onu e molto stimato all’estero, ma che in Egitto è un perfetto sconosciuto per le masse, considerato espressione delle elite.
Ancora oggi, a Piazza Tahrir, che è il luogo simbolo della rivoluzione anti-Mubarak, sono montate le tende di molti manifestanti, che non hanno intenzione di andare fino a quando non si muoverà qualcosa nei palazzi del potere. Sulla base del forte consenso di cui godono tra la popolazione e i diseredati, si pensa che i Fratelli Mussulmani dovrebbero ottenere il maggiore successo tra tutti i partiti che sono nati negli ultimi mesi, anche perchè la loro presenza tra la gente è stata costante, anche sotto il regime di Mubarak. Se così fosse, anche in Egitto, come in Tunisia e due giorni fa in Marocco, si avrebbe l’affermazione di partiti islamici, anche se in questo caso difficilmente si potrebbe parlare di “islamici moderati”, visto che i Fratelli Mussulmani sono accusati anche all’estero di fomentare l’odio anti-Israele e anti-occidentale.
Ad ogni modo, il processo di transizione sarà lungo, anche perchè il Parlamento sarà rinnovato in più tornate elettorali, per via del complesso e astruso sistema di voto, nonchè culminerà con l’elezione del nuovo presidente, che potrebbe avvenire a primavera inoltrata, ma forse anche nel 2013.