In un discorso trasmesso dalle TV egiziane, il generale Tantawi ha confermato la volontà dell’esercito di guidare la transizione solo fino alle scadenze elettorali pattuite, ribadendo che la data delle elezioni sarà il prossimo 28 novembre e che le elezioni presidenziali si terranno entro la fine di giugno. L’esercito non desidera il potere, ma il bene supremo del popolo, ha aggiunto il generale. Il suo discorso arriva dopo giornate di scontri violenti a Piazza Tahrir e nella città di Alessandria, che hanno provocato 40 morti e decine di feriti. Alla base delle violenze c’è la protesta di decine di migliaia di manifestanti, che chiedono che l’esercito lasci immediatamente il potere, senza tentennare sul passaggio delle consegne ai civili. La protesta è stata guidata da tutte le forze laiche e religiose egiziane, ma si apre il giallo sul ruolo dei Fratelli Mussulmani. Ufficialmente, essi sono tra i più agguerriti sostenitori delle manifestazioni anti-militari, ma pare che a Piazza Tahrir non ci siano, avendo raccolto l’appello del partito Libertà e Giustizia, che notoriamente li rappresenta a livello politico.
Ora, il dilemma sta tutto qua. Cosa sta accadendo in Egitto? Come mai tanta protesta per chiedere un cambio di governo, quando mancano sette giorni alle elezioni?
Si ipotizza che le proteste siano state cavalcate dagli islamisti, che hanno prima aizzato tutte le forze politiche a scendere in piazza, sfruttando il malcontento di quanti in questi nove-dieci mesi del dopo-Mubarak non hanno visto migliorare la propria condizione sociale. Ma la loro assenza dalle piazze, sostenute solo a parole, presuppone l’uso strumentale delle altre forze politiche nella lotta contro i militari per il controllo del potere. Non è un mistero che tra pochi giorni saranno i Fratelli Mussulmani a vincere le elezioni, godendo di un forte sostegno popolare, specie tra i ceti medio-bassi della popolazione. Una volta giunti al potere, essi potranno così meglio infliggere un colpo durissimo agli uomini di Tantawi, che con le azioni di questi ultimi giorni hanno dissipato quel minimo di credibilità di cui godevano sul piano interno e internazionale.
Il governo provvisorio si è dimesso e il nuovo governo di unità nazionale è stato concordato tra militari e islamisti. Sarà guidato da El Baradei, già a capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, molto apprezzato all’estero, ma in Egitto è considerato un uomo di élite, lontanissimo dalle esigenze della popolazione. Questo renderà debole anche il prossimo esecutivo e rafforzerà l’immagine dei Fratelli Mussulmani.