“Intendiamo perseguire lo spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro, come ci viene chiesto dalle autorità europee e come già le parti sociali hanno iniziato a fare”: questo un passaggio del discorso programmatico tenuto da Mario Monti nel giorno del voto di fiducia al Senato. Dopo neanche quattro giorni, la Fiat si pone subito in linea con il nuovo esecutivo annunciando l’addio a tutti gli accordi sindacali e l’adozione del “modello Pomigliano” in tutte le fabbriche della casa torinese.
L’annuncio è contenuto in una lettera inviata dal Lingotto ai sindacati in cui si comunica ”a far data dal primo gennaio del 2012 il recesso da tutti i contratti applicati dal gruppo Fiat e da tutti gli altri contratti collettivi aziendali e territoriali vigenti”. Nella stessa lettera la Fiat si dichiara disponibile “a promuovere incontri finalizzati a realizzare accordi uguali e migliorativi”. L’anno nuovo quindi si aprirà con l’estensione del modello Pomigliano a tutti i lavoratori italiani del gruppo che viaggerà di pari passo con l’annunciata fuoruscita della Fiat da Confidustria e Federmeccanica.
L’annuncio non è però stato accolto bene dalla Fiom, con il segretario Maurizio Landini che si rivolge a Monti chiedendogli di convocare Marchionne per conoscere il piano aziendale e parla di decisione che “non vuol dire solo estendere un brutto accordo, ma modificare la natura stessa della organizzazione sindacale: si passa infatti a una fase di sindacato aziendale e corporativo”. Rincara la dose il segretario provinciale della Fiom Chieti, Marco Di Rocco che vede nell’annuncio della Fiat “la conferma della volontà di procedere alla pomiglianizzazione degli stabilimenti auto” e preannuncia uno sciopero di otto ore nel turno straordinario di sabato 26 novembre.
Sulla stessa lunghezza d’onda si piazza il Partito Democratico con Stefano Fassina, responsabile “Economia e Lavoro” dei democratici, che giudica la scelta Fiat “grave e preoccupante” in quanto “contraddice ancora una volta gli sforzi compiuti dalle parti sociali per raggiungere accordi”; anche Fassina chiede “che il governo convochi quanto prima l’azienda e i sindacati per riaprire un confronto costruttivo”. Sul fronte del sì, si piazzano invece gli altri sindacati (Cisl, Uil, Fim, Uilm e Fismic) che già nello scorso ottobre aveva dato il loro assenso a un contratto unico aziendale.