E’ scaduto l’ultimatum della Lega Araba che chiedeva al regime sanguinario di Damasco di accettare un piano che prevedeva la cessazione delle ostilità contro la popolazione civile e l’accettazione di osservatori, al fine di verificare il rispetto degli accordi assunti con l’organizzazione. Assad aveva chiesto lo scorso venerdì la modifica a ben 18 clausole, ma la reazione della Lega è stata di totale rifiuto. Per contro, il regime siriano ha inveito contro le decisioni e l’attivismo dell’organizzazione dalle quale è stato sospeso, dichiarando per bocca del ministro degli esteri che non si è mai visto un organismo intervenire contro uno degli stati membri e che sarebbe inaccettabile quanto richiesto dalla Lega Araba, perchè rappresenterebbe una palese violazione della sovranità territoriale di Damasco.
E così, il Paese è sull’orlo di una guerra civile, anche se i dati internazionali sulle vittime dall’inizio degli scontri (circa 3500) indicano che di fatto forse siamo già nel bel mezzo di una guerra civile, causata dalla repressione durissima del regime contro qualsiasi tentativo degli oppositori di reclamare aperture alla democrazia e ai diritti civili e politici.
Certo, in questa occasione, la Lega sta mostrando di muoversi come forse mai dalla sua fondazione. Ciò sarebbe dovuto essenzialmente da due fattori. Da un lato, dopo la Primavera Araba, che ha già travolto ben tre regimi nordafricani (Tunisia, Egitto e Libia), l’organizzazione punta a legittimarsi assumendo un ruolo di paciere e di difensore delle popolazioni civili, ovviamente nei limiti di ciò che è pensabile. Altro fatto importante e decisivo nell’attivismo contro la Siria è il timore degli stati del Golfo che, tramite Damasco, l’Iran attui una politica di destabilizzazione del mondo arabo, puntando ad estremizzare gli scontri all’interno di ciascun Paese.
E dopo la fine di Mubarak, tocca ora soprattutto ai sauditi ritagliarsi un ruolo di mediatore e risolutore dei conflitti, puntando sia a contenere l’Iran e la sua pericolosa politica estera, sia anche a sottrarle una leadership, che Teheran mirerebbe a costruirsi per allargare la sua influenza nel mondo arabo, in funzione anti-USA e anti-saudita.
Vassallo del regime degli ayatollah, è molto difficile che Assad possa anche solo minimamente rinsavire. Più probabile che si apra uno scenario non dissimile da quello apertosi a febbraio in Libia, che ha portato alla caduta di Gheddafi. Assad lo sa e per questo si è detto “pronto a morire contro un intervento straniero“.