Si è chiuso ieri il termine per la ricapitalizzazione da 800 milioni per la Banca Popolare di Milano. Stando ai dati dell’ultima seduta, le nuove azioni sono state sottoscritte solo per l’82%, rimanendo scoperto il restante 18%. Una percentuale residua alta, da cui bisogna sottrarre, tuttavia, oltre il 3% che a giorni sarebbe comprato dal presidente del consiglio di gestione Andrea Bonomi, a capo di Investindustrial, che ieri sera risultava al 6,63% del capitale Bpm, ma si è impegnato a raggiungere il 9,9%.
Altri sei-sette punti circa dovrebbero essere sottoscritti da investitori vicini a Bonomi, per cui rimarrebbe effettivamente inoptato intorno al 10% delle nuove azioni.
Quest’ultimo dato non può essere considerato nè un successo, nè tanto meno un fallimento, viste le condizioni avverse del mercato. Secondo gli accordi della vigilia, questo 10%, che corrisponde a 80 milioni di euro, dovrebbe essere sottoscritto in parti uguali da Mediobanca e dalle altre banche, che fanno parte del consorzio di garanzia.
Il titolo, tuttavia, continua a scivolare di seduta in seduta e ieri è sceso sotto il valore dei 30 centesimi per azione, ossia quello di collocamento delle nuove azioni, portandosi a 0,28 euro e perdendo così un ulteriore 6,7%.
Stando ai valori di chiusura di ieri, Bpm vale intorno a 916 milioni, ossia una manciata di euro in più degli 800 milioni di euro di aumento di capitale.
Hanno giocato contro la tenuta del valore del titolo anche e soprattutto fattori tecnici, come l’alto costo per esercitare il diritto di opzione, nonchè anche la possibilità già da ieri di rivendere il titolo acquistato, anche se materialmente esso sarà consegnato solo dopo domani.