Ieri, il titolo di Banca Popolare di Milano è sprofondato del 13%, addirittura, scendendo leggermente sotto la quotazione di 0,30 euro per azione, che è il prezzo di collocamento delle nuovi azioni, emesse per la ricapitalizzazione da 800 milioni di euro.
La società vale nel suo complesso 926 milioni, valore comprensivo degli 800 milioni di aumento di capitale. In pratica, il titolo ha perso l’80% da fine ottobre, quando è stata annunciata l’operazione.
E il neo-presidente del consiglio di gestione, Andrea Bonomi, a capo di Investindustrial, già in mattinata era salito dal precedente 5,67% al 6,38%, ma l’obiettivo dovrebbe restare il raggiungimento entro anche la seduta di oggi del 9,9%, il massimo consentito dalla Banca d’Italia.
Oggi, infatti, si chiude l’operazione della ricapitalizzazione, mentre le nuove azioni potranno essere ritirate il 21 novembre. Ma già oggi stesso sarà possibile vendere il titolo, dato che il regolamento della Borsa italiana prevede che esso debba essere materialmente consegnato al compratore entro tre giorni.
Quindi, in teoria, già oggi, chi ha sottoscritto l’aumento di capitale, può vendere le azioni, che fisicamente avrà tra tre giorni e che potrà al contempo consegnare al nuovo acquirente.
I vecchi soci hanno dato il via a una forte vendita dei diritti di opzione, in quanto il rapporto di concambio di 6,7 non è stato considerato favorevole, preferendo così venderli sul mercato, per poi riacquistarli a prezzi stracciati e senza avere affrontato nel frattempo i relativi costi di esercizio.
Questo ha fatto crollare sia il valore dei diritti che quello del titolo, che si è adeguato al prezzo di emissione delle nuove azioni, inferiore del 40,3% a quello della seduta precedente l’inizio delle negoziazioni per l’aumento di capitale. E resta da vedere ora quanta parte di capitale sarà rimasta inoptata, anche se si spera in un buon esito.