Ieri sera il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha rassegnato le dimissioni nelle mani del capo dello stato, così come aveva già annunciato lo scorso martedì, quando salendo sempre al Quirinale, il premier aveva già preannunciato l’intenzione di lasciare la guida del governo in seguito ai numeri scarsi con cui il Rendiconto è stato approvato. E così, i passaggi sono stati lineari e progressivi: approvazione Ddl stabilità, della variazione al Bilancio, sia alla Camera che al Senato, riunione del Cdm per formalizzare le dimissioni e riunione dell’ufficio di presidenza del PDL. Dopo, salita al Colle e formalizzazione dell’atto. Si chiude così la guida del governo da parte di Silvio Berlusconi, dopo tre anni e mezzo, tra sostenitori che sia davanti a Palazzo Grazioli che al Quirinale lo hanno applaudito, mentre un gruppo di oppositori lo ha contestato, confermando il clima di odio nei suoi confronti fino all’ultimo minuto. Il presidente Giorgio Napolitano non ha voluto perdere tempo e già da stamattina ha iniziato il giro di consultazioni, che si apre con i presidenti delle due Camere, Schifani e Fini, per poi passare agli ex capi di stato e, infine, ai leader di partito. Alle 17.15 concluderà il PDL. In serata è previsto il conferimento dell’incarico al senatore a vita Mario Monti.
Salvo sorprese, quindi, sarà lui a guidare il prossimo governo, la cui durata resta, tuttavia, in dubbio. Ipotesi circolate nello stesso Quirinale parlano di urne anticipate anche al 15 gennaio, ma sembra più probabile che arrivino in primavera.
E se ieri un uomo anti-governo tecnico, come il giornalista Vittorio Feltri, si chiedeva quale fosse il programma di questo nuovo esecutivo, paventando un forte deficit di democrazia nella gestione di queste dimissioni del premier da parte di Napolitano, oggi è il suo stesso quotidiano, “Il Giornale”, ma anche altri, che raccontano della reintroduzione dell’Ici sulla prima casa, quale primo atto di governo di Monti. Seguirebbe anche l’introduzione di una tassa patrimoniale sui beni di valore maggiore a 1,5 milioni di euro e, infine, la specialità di Giuliano Amato, in pole position per un posto nel governo, ossia una tassa immediata sui conti corrente, come già accadde “nocte tempore” nel 1992.
Scenario estremo, ma realistico: una delle ipotesi che circola tra i palazzi della politica romana è la seguente. Monti riceve l’incarico. Prima ancora di ottenere la fiducia con decreto varerebbe tutte le misure lacrime e sangue previste e poi il Parlamento potrebbe anche non conferirgli la fiducia, aprendo la strada alle urne a gennaio. Sembra una forzatura di stampa, ma è ciò che potrebbe accadere nel caso il PDL si rifiutasse, come ha sempre detto, di votare per misure patrimoniali. Al limite del “golpe bianco”.