Due giorni, massimo tre: la fine del governo Berlusconi dovrebbe essere ufficiale tra sabato e lunedì, quando sarà approvata definitivamente la legge di stabilità e il premier salirà al Colle per rassegnare le dimissioni. A quel punto toccherà al Capo dello Stato individuare la soluzione maggiormente condivisa all’interno del Parlamento e verificare se c’è la possibilità di formare un nuovo esecutivo oppure sarà necessario ricorrere al voto. Napolitano i suoi passi li ha già fatti, nominando Mario Monti senatore a vita: un governo guidato dall’ex commissario europeo sembra al momento l’unica alternativa alle elezioni.
Le forze parlamentari sono però divise sull’appoggio all’economista: si riuscirà a formare una nuova maggioranza che possa sostenere un esecutivo tecnico che dia stabilità al paese, si occupi del rilancio dell’economia e magari anche della riforma della legge elettorale? Questa è la domanda che ci accompagnerà fin dall’inizio della prossima settimana, quando inizieranno le consultazioni al Quirinale e tutti i partiti saranno costretti a dichiarare la propria posizione.
Al momento sono poche le certezze, la prima delle quali è sicuramente il no della Lega a un nuovo governo. Il Carroccio ha espresso esplicitamente la propria indisponibilità a sostenere un esecutivo guidato da Monti e difficilmente i leghisti riserveranno sorprese in tal senso. Nessuna sorpresa neanche sull’appoggio che Pd, Fli e Udc daranno a un governo tecnico: proprio oggi il presidente della Camera, e leader di Futuro e Libertà, Gianfranco Fini ha espresso la convinzione che in Italia sia necessario avere un “governo guidato da una personalità credibile a livello internazionale, capace di prendere di peso i problemi dell’economia” e Mario Monti “può essere la personalità giusta”.
Non la pensa così invece l’Italia dei Valori, con il leader Di Pietro che dice no a un governo tecnico perché il partito è nato con l’obiettivo di “difendere i deboli e bilanciare la legalità della politica”. No a un nuovo esecutivo almeno per il momento anche per il Pdl: la posizione del partito di Berlusconi presenta però diverse sfaccettature con alcuni esponenti che ritengono la nomina di Monti l’unica percorribile per non far cadere l’Italia nel baratro. Minimizza le divisioni il segretario del Pdl, Angelino Alfano che parla di normale dialettica e ribadisce che il consiglio di presidenza del partito ha espresso la preferenza verso le elezioni, pur non “volendo sovrapporre la nostra voce a ciò che il presidente della Repubblica intenderà fare da quando aprirà le consultazioni”.