Terreni di stato in vendita, opportunità per le finanze e l’occupazione

I terreni di proprietà dello stato, che in base al Ddl di Stabilità potranno essere dismessi a beneficio delle casse pubbliche, ammontano a un valore di circa 6 miliardi di euro. Non proprio bruscolini, in tempi di crisi come questi, ma a guadagnarci non ci sarebbe solo lo stato, che ricaverebbe parecchio denaro dalla loro vendita, ma adesso le associazioni dei consumatori, come Adusbef e Federconsumatori hanno dimostrato come, a loro parere, a ricavare benefici potrebbero essere anche e soprattutto i consumatori e l’occupazione.

E’ noto, infatti, come i terreni pubblici siano per lo più, per non dire sempre, lasciati incolti o comunque molto poco produttivi. Al contrario, la vendita agli agricoltori privati consentirebbe loro di renderli produttivi, aumentando la resa per ettaro e incrementando l’offerta complessiva di beni agricoli, con la conseguenza di un abbassamento dei prezzi e il soddisfacimento di un maggiore fabbisogno alimentare.

Ovviamente, arare e seguire decine di migliaia di nuovi ettari di terreno significa anche avere bisogno di maggiore occupazione, che potrebbe così essere rilanciata.

Seguendo, inoltre, la mappa delle regioni che subiranno di più il processo delle dismissioni dei terreni, si scopre che al primo posto figura il Piemonte, con 56 mila ettari di proprietà pubblica, seguito dal Lazio con 31 mila ettari e in terza posizione figurerebbero le province autonome di Trento e Bolzano, con 24 mila ettari.

Un vero e proprio rilancio del comparto agricolo, che passerebbe per una misura, il cui scopo principale era ed è quello di fare cassa. Ovviamente, bisogna vigilare che non vi siano svendite in stile “saldi da fine stagione”, il che penalizzerebbe le finanze e la stessa agricoltura sana, che rischierebbe di passare in mano a imprenditori di ventura.

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