Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano richiama la classe politica alla coesione in un momento difficile come questo. L’Italia non può rialzarsi «in un clima di guerra», per uscire dalla crisi bisogna «ritrovare la strada della coesione sociale e nazionale che oggi si impone categoricamente». Queste le parole del Presidente, presente alla cerimonia per il ricordo del socialista Giuseppe Di Vagno, al Pala San Giacomo di Conversano, in Puglia. Per Napolitano occorrono cambiamenti «nel modo di governare, produrre e lavorare, vivere e comportarsi di tutti noi». «Indispensabile sarà lo spirito di sacrificio e lo slancio innovativo, affrontando anche decisioni dolorose che potranno apparire impopolari, ma che servono». Il Presidente ha poi ribadito la necessità di «spirito di equità e giusta distribuzione dei pesi e dei carichi sul nostro tessuto sociale».
Le parole del Presidente, condivisibili da tutti, vedono nella pratica la loro smentita nel comportamento della classe politica. Berlusconi sta ormai perdendo i pezzi del suo partito, che sembra addirittura spingerlo alle dimissioni, che sembrerebbero la scelta più ragionevole. La coesione sembra essere irraggiungibile finchè è Berlusconi che comanda; qualora dovesse dimettersi, ci sarebbe la possibilità per il Pdl di creare un governo con una maggioranza più ampia.
Anche il Financial Times non ne può più del nostro Premier, tanto da intitolare un’editoriale «In the name of God and Italy, go!» (Vattene, in nome di Dio e dell’Italia), riferendosi a Berlusconi. Il quotidiano inglese mette da parte le buone maniere per intimare a Berlusconi di lasciare la guida del paese. Le parole di Napolitano, che al momento è la personalità politica italiana che ha più credito agli occhi dell’Europa, non hanno senso finchè l’evidente elemento di disturbo nel Parlamento, ossia Berlusconi, non decide di levare le tende.
Aspettare il voto sul rendiconto potrebbe veramente essere deleterio per il Pdl, l’unica mossa sensata sarebbero le dimissioni del Presidente del Consiglio. Solo così potrebbe verificarsi una delle opzioni che potrebbe portare reali benefici all’Italia, che sia un nuovo governo Pdl e Udc o un governo tecnico con un ampio consenso parlamentare. In entrambi i casi il clima sarebbe più disteso e più propenso per attuare le riforme necessarie e richieste dall’Ue.