Il voto era atteso con il fiato sospeso dalla Comunità internazionale e l’esito era per nulla scontato, ma alla fine il governo di George Papandreou ce l’ha fatta anche stavolta, ottenendo la fiducia sull’accordo con l’Europa, grazie al sostegno di 153 deputati su 298. Tuttavia questa potrebbe essere l’ultima volta di Papandreou in Parlamento come premier, visto che egli stesso ha annunciato a tarda sera, nel suo discorso, di recarsi oggi dal Capo dello stato per verificare la possibilità di un nuovo governo di larghe intese e di discutere anche su chi debba guidarlo. A ricompattare le pattuglie dei socialisti del Pasok è stata appunto la previsione di imminenti dimissioni del premier, che all’inizio della settimana ha scatenato il panico sui mercati, annunciando un referendum sugli aiuti europei, che poi è stato ritirato dopo le minacce di pesanti ritorsioni da parte di Bruxelles. L’ipotesi che circola nelle ultime ore sarebbe di una maggioranza allargata al partito di centrodestra Nea Demokratia, anche se il suo leader Antonis Samaras non più tardi di giovedì invocava le elezioni anticipate e solo successivamente un governo di coalizione con il Pasok.
La precondizione assoluta, in ogni caso, è che Papandreou lasci e che non si impongano nuove tasse, cosa su cui Nea Demokratia sembra inamovibile. Gli analisti politici non vedono grandi possibilità di successo nelle trattative o nell’eventuale vita del nuovo presumibile governo, in quanto le distanze tra i due partiti sulle ricette anti-crisi sono forti.
Papandreou ha ricordato come il suo operato sia stato vissuto come un costo personale molto alto e si è messo a disposizione dell’interesse nazionale, anche nel caso non fosse più premier. Il ministro delle finanze Evangelos Venezilos guida la fronda anti-premier e ha preso le distanze da quanto questi abbia fatto durante questa settimana di follia, con la storia del referendum. Il premier ha annunciato che già da lunedì il governo intende negoziare a Bruxelles lo sblocco di 80 miliardi di euro per un nuovo piano di aiuti da ricevere entro la fine di febbraio.
La sensazione è che dopo quanto accaduto questa settimana, per responsabilità primaria di Papandreou, la Grecia abbia una credibilità nulla in Europa e i suoi margini di trattativa sono adesso inesistenti. D’altronde le è anche stato chiarito che non esistono più tabù su una sua esclusione sia dall’Eurozona che dalla UE. Da ora in avanti, o accetta quanto chiede Bruxelles o la porta è aperta, ma non girevole.