Sono passati cinquantaquattro anni da quando la prima forma di vita venne inviata nello spazio, un esperimento pericoloso di cui non si sapeva nulla, soprattutto non si era a conoscenza delle possibili conseguenze. A rendere tutto più chiaro fu Laika, la cagnolina inviata a morire tra le stelle.
Come avrebbe potuto immaginare, Laika, che da semplice trovatella sarebbe diventata un’eroina, tanto da essere inserita nell’elenco dei cosmonauti morti durante missioni spaziali. Certo a giudicare dalle sorti che le spettarono se avesse potuto decidere, avrebbe sicuramente scelto di continuare a vagare per le strade di Mosca.
Siamo negli anni della guerra fredda e tra Stati uniti e Unione Sovietica vi è grande competizione per quanto riguarda il progresso scientifico. Inviare una vita nello spazio e conoscerne le conseguenze avrebbe significato un passo avanti per chi vi fosse riuscito.
Laika, scelta per il suo carattere particolarmente docile, fu preparata durante un lungo periodo di addestramento che prevedeva giorni di solitudine in piccolissime gabbie e simulazioni di lancio in centrifughe, all’interno delle quali si riproducevano le vibrazioni ed i rumori che avrebbero poi caratterizzato il lancio, attività che stressavano molto Laika, tanto da costringere i tecnici a sospendere spesso l’addestramento.
Il 3 novembre del 1957 Laika è “pronta” per essere inviata nello spazio, ovviamente nella misura in cui una cagnolina la cui volontà non è stata interrogata possa essere pronta per una missione del genere. Laika viene collegata a una serie di sensori che avrebbero permesso ai tecnici sulla terra di controllarne i battiti cardiaci, la pressione e la respirazione. Tutti erano a conoscenza delle sorti di Laika, tutti sapevano che non avrebbe mai più fatto ritorno sulla terra, ma nessuno poteva dire con precisione in che modo Laika avrebbe smesso di vivere.
Alle 2:30, dal Cosmodromo di Baikonur, parte Sputnik 2 con all’interno Laika. La missione viene seguita da tutto il mondo e crea non poche perplessità, soprattutto tra gli animalisti, molti dei quali si riuniscono fuori le ambasciate sovietiche cercando invano di salvare la vita di Laika. Il satellite rientrò in orbita cinque mesi più tardi ma di Laika non vi era più traccia.
A distanza di circa cinquanta anni sono ancora sconosciute le reali cause della morte di Laika. L’ipotesi più attendibile sarebbe l’arresto cardiaco, dovuto agli sbalzi di temperatura verificatisi durante il lancio, ma c’è chi sostiene che a Laika siano stati dati dei bocconcini avvelenati nel tentativo di addormentarla ed evitarle la lunga agonia. Considerando che questo tipo di morte non avrebbe comunque evitato l’agonia alla povera Laika ma l’avrebbe incentivata, resta il fatto che si dubita che ci si sia interessati tanto alla sua sofferenza.
La missione permise all’Unione sovietica di affermarsi nel settore spaziale e agli Stati Uniti a rendersi conto di dover velocizzare la ricerca, ma nulla servì al mondo e soprattutto a Laika che non ebbe la possibilità di scegliere dove e quando morire.
Dopo di lei altri cani sono stati inviati nello spazio, come Belka e Strelka, per fortuna tornate sane e salve sulla terra, almeno dal punto di vista fisico, perché per quanto riguarda il lato psicologico, nessuno scienziato potrà mai dire cosa la paura e l’angoscia di restare soli in una capsula per tempo ignoto possa aver causato a questi poveri cani.