O dentro o fuori. Queste sarebbero state le parole che avranno convinto il premier greco George Papandreou a desistere dall’indire un referendum sui nuovi aiuti europei da 130 miliardi e connesse misure di austerità richieste al suo governo. Nel primo pomeriggio, si era diffusa la voce che nel caso un Paese uscisse dall’Eurozona (messaggio cifrato per Atene), automaticamente sarebbe stato espulso anche dalla UE, in quanto i Trattati di Lisbona non prevedono che si abbandoni l’euro.
In realtà, si è trattato di un tentativo chiarissimo di Germania e Francia di fare capire a Papandreou che il giochetto di abbandonare l’euro, per aumentare le esportazioni in Europa, giovandosi di una moneta debole e di un mercato unico, non sarebbe stato possibile. Chi esce, esce anche dal mercato unico.
Per questo, oltre che per l’annuncio di un probabile stop alla sesta tranche degli aiuti da 8 miliardi e il blocco del taglio del 50% del valore nominale dei bond ellenici alla scadenza, Atene ha annunciato ieri una “indietro tutta” umiliante e ridicola, che espone tutta la Grecia a un giudizio di scarsissima credibilità e la rende un Paese ancora più vulnerabile agli attacchi speculativi, che certamente non cesseranno.
E’ stato anche annunciato un governo di larghe intese ad Atene, nelle stesse ore in cui i rendimenti sui titoli di stato biennali sfondavano la soglia del 100%, preludio di un default considerato certo.
Adesso, con l’annullamento del referendum, gli aiuti dovrebbero partire da Bruxelles, ma da ora in avanti la Grecia sarà molto più pressata, non le sarà fatto passare nulla. Oltre a Francia e Germania, ieri erano per la linea dura, durissima, anche altri stati “virtuosi”, come Olanda, Austria, Finlandia. E’ l’ultima volta che Atene si è potuta permettere di fare capricci. La prossima, sarà sbattuta fuori dalla porta.