Giornata drammatica, nerissima per il Vecchio Continente. La notizia che la Grecia sottoporrà a referendum le misure del piano di austerità imposte da Bruxelles in cambio di nuovi aiuti ha scatenato il panico tra gli investitori e non è un caso che ad essere letteralmente travolti sono i titoli bancari. Con il venire meno dell’accordo, in caso di bocciatura al referendum, esse perderebbero molto probabilmente il 100% del valore dei bond ellenici in loro possesso, non più il 50%, come previsto dall'”haircut” dello scorso mercoledì dall’Eurogruppo.
In Italia, Intesa-Sanpaolo e Unicredit sono state sospese dalle contrattazioni per eccesso di ribasso. Milano perde oltre il 4%, in linea con Parigi e Francoforte, che bruciano qualche decimale in meno. Ovunque, la parola d’ordine è vendere e lo sarà fino alla data del referendum. Il dramma dell’annuncio a tradimento di Papandreou è che tale venire meno agli accordi rende del tutto inutile quanto di buono o cattivo fatto fino ad oggi dall’Eurozona.
Non ci sarà Efsf che tenga, se i greci dovessero bocciare il piano di risanamento loro imposto. E non è un caso che la borsa di Atene perda oltre l’8%. Siamo alla vigilia di un default greco e al crollo molto probabile di tutta l’impalcatura su cui si regge l’Eurozona.
Drammatica anche la seduta del monetario, con l’ampliamento del differenziale di rendimento tra i decennali italiani e tedeschi. Lo spread è volato a quota 436 punti base, ma gli aggiornamenti ci danno un aumento continuo di tale divario. Un titolo di stato a dieci anni sta arrivando a rendere intorno al 6,2%, vicinissimo a quella che viene considerata la soglia di non ritorno dell’insostenibilità del debito.