Non ha sbloccato la situazione il vertice Ecofin di questo fine settimana. I 27 Paesi riuniti a Bruxelles, per cercare di dare una risposta unita e definitiva sulla crisi del debito nell’Eurozona, hanno mostrato evidenti divisioni, persino, all’interno dello stesso duetto di queste settimane, quello tra il cancelliere Merkel e il presidente Sarkozy.
L’unico punto di intesa tra gli stati è la cifra necessaria per ricapitalizzare le banche europee, stimata in 100 miliardi e non in 220 miliardi, come i primi dati dell’Fmi suggerivano la scorsa settimana. Detto questo, non si ha un’idea unitaria sulle modalità per la ricapitalizzazione. Se Parigi, che teme uno sconquasso del suo sistema creditizio, eccessivamente esposto verso la Grecia, chiede che l’Efsf eroghi direttamente e subito prestiti alle banche, la Germania ritiene che il Fondo di salvataggio debba intervenire per ultimo, solo dopo avere ricapitalizzato con capitali privati e avere chiesto gli aiuti agli stati nazionali.
Di più. I francesi vorrebbero che l’Efsf si trasformasse in una banca, Berlino non ne vuole neanche sentire parlare, perchè teme che così si modifichi di fatto anche il mandato della BCE, che tramite il fondo interverrebbe direttamente sul mercato primario dei bond, tradendo la sua idea di fondo.
Infine, la questione dei bond greci. La Germania chiede che il taglio nominale dei titoli di stato ellenici sia pari a non meno del 50%, mentre la Francia teme che ciò impatti troppo negativamente sulle sue banche, già alle prese con le svalutazioni dei suddetti bond.
L’unico risultato concreto raggiunto è stato lo sblocco degli aiuti ad Atene, per la parte che compete l’Europa, riguardo all’erogazione della sesta tranche da 8 miliardi. Ma siamo ben lontani da una soluzione complessiva.