La questione della nomina di Ignazio Visco a governatore della Banca d’Italia sta diventando un dossier internazionale, per gli effetti indiretti che tale situazione sta creando. Uno degli aspiranti alla poltrona più importante di Via Nazionale era, infatti, il banchiere italiano Lorenzo Bini Smaghi, componente del comitato esecutivo della BCE.
Ma con l’addio di Trichet all’istituto di Francoforte e con l’inizio dell’era Draghi, a partire dai prossimi giorni, nel board siederebbero due italiani e nessun francese. Di conseguenza, appellandosi a un principio di solidarietà tra stati dell’Eurozona, il presidente francese Nicolas Sarkozy vorrebbe che Bini Smaghi si dimettesse, per fare posto a un uomo francese.
Ma non avendo alcun incarico alternativo di prestigio in Italia, il banchiere ha già chiarito espressamente che non intende dimettersi. Oltre tutto, lo statuto della BCE impone autonomia alla banca centrale e non ammette interferenze politiche. Quindi, Bini Smaghi avrebbe tutte le ragioni per restare, essendo “vittima” di logiche esterne alla sua posizione professionale.
E in Europa non sarebbero in tanti a volere le sue dimissioni, in quanto la sua professionalità è indiscutibile e la sua permanenza a Francoforte conferirebbe una maggiore forza alla BCE, rispetto alla controparte politica. Tuttavia, i tedeschi, ma non solo, si stanno trovando dinnanzi al dilemma se scegliere di difendere l’autonomia dell’istituto (per loro inviolabile) o accettare che due italiani siedano nel board, sovrarappresentando un Paese, i cui titoli di stato sono oggetto di aiuto da parte della stessa BCE.
E che la Germania non abbia voglia di proseguire con il piano di sostegno di BTp e Bonos lo ha chiarito in più di un’occasione e pressioni in tal senso vi sono dalla potente Bundesbank, retta dal governatore Jens Weidmann.
Certamente, ne parleranno a quattrocchi nelle prossime ore Sarkozy e Berlusconi. Ma le dimissioni di Bini Smaghi sono tutt’altro che scontate.
