Fini e Bersani grandi sconfitti, ora si avvicinano le “loro” dimissioni?

A suggellare la vittoria del premier, forse di Pirro, come ha detto il leader dell’UDC, Casini, ma pur sempre una vittoria, sono state le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che rispondendo a una lettera inviata dal capogruppo del PDL alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha espresso da un lato il convincimento che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, abbia svolto in modo ineccepibile le sue funzioni, dall’altro ha chiarito, “confortato dai costituzionalisti”, che il premier Berlusconi non aveva l’obbligo delle dimissioni dopo la bocciatura del Rendiconto.  Insomma, Napolitano non fa il replicante delle opposizioni in trincea, nonostante rimanga dell’idea che ci sia bisogno di risposte credibili, non illudendosi evidentemente del voto di ieri. Ma la vita politica è fatta di passaggi e quello di ieri ha determinato un vincitore, Berlusconi, e due grandi sconfitti: Bersani e Fini.

Il primo non solo ha perso la sfida del voto e sui tatticismi regolamentari, ma di fatto anche 5-6 deputati Radicali, che da oggi sono per conto loro. Il secondo, che era intervenuto in prima persona per reclamare le dimissioni del governo, travalicando il suo ruolo istituzionale, ha di fatto ottenuto l’ennesima conferma della sua inesistenza politica e istituzionale. Chiede a tutti di dimettersi ed è l’unico che non si smuove dalla sua poltrona, si potrebbe eccepire con parole un pò troppo semplici.

Il nervosismo nel PD, rimarcato dall’invettiva della Bindi contro i Radicali, è la testimonianza del significato di quanto accaduto ieri. Il segretario del PD, Pierluigi Bersani, già indebolito dagli scandali di Milano che riguardano Filippo Penati, che fu a capo della sua segreteria, adesso deve fare i conti con la sconfitta della sua linea della diserzione, che ha fatto un grande buco nell’acqua.

Le opposizioni non hanno avuto il consueto risalto mediatico, derivante dalle dichiarazioni di voto in Aula, con cui, di fatto, si rivolgono più al Paese che ai colleghi parlamentari. Di più: a livello di immagine, hanno rimediato una brutta figura, che tra l’elettorato di sinistra potrebbe già essersi trasformata in frustrazione e disillusione. Tra i due sconfitti, chi rischia evidentemente di più è Bersani, che sta a capo di un partito più composito e meno personalistico dei finiani, le cui divisioni in questo ultimo anno sono passate in secondo piano grazie a quelle interne al PDL e alla maggioranza, che indubbiamente hanno dato molto più spettacolo. E viene alla mente la metafora nota dei pifferai che scesero dalla montagna per suonare e furono suonati.

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