Appena una decina di anni fa, ‘musica digitale’ era pressochè in ogni caso sinonimo di pirateria: molta strada è stata fatta, in questo senso, per trasformarla in risorsa e commercio. Oggi, i digital store sono una realtà affermata e forse persino più diffusa e (virtualmente) frequentata dei negozi di dischi tradizionali.
Del resto il digitale è entrato a pieno regime tra gli strumenti a disposizioni di artisti e case discografiche per la vendita e la promozione musicale: non a caso, frequenti sono gli album che vengono pubblicati in diversa veste e con diversa scaletta a seconda del tipo di mercato.
Abbattendo i costi di produzione, il digitale ha inoltre fornito all’industria musicale, o quantomeno alla parte di essa in grado di rinnovarsi ed evolversi, la possibilità di resistere alla crisi economica, che ha colpito duramente tutti i settori ed in particolare quelli legati ai beni di lusso. Il mercato digitale è, insomma, una larga fetta del mercato discografico globale, che coinvolge un gran numero di acquirenti di ogni fascia di età. E’ giunto dunque il momento, a quanto pare, di riconoscere a questo settore dell’industria musicale il suo giusto valore: per la prima volta, le classifiche ufficiali di vendita terranno conto anche dei negozi digitali.
Tra le ragioni addotte da Enzo Mazza, presidente della Fimi, anche la ricerca di una classifica che rispecchi il più possibile le vendite reali, includendo tutte le tipologie di acquirente: «La classifica si adegua a un nuovo mercato più maturo: oggi per il consumatore non c’ è più differenza fra l’ acquisto di un disco in un negozio fisico o in uno digitale. E dai nostri studi appare anche che le caratteristiche di chi compra nei due modi non sono molto diverse. Quello che accadrà questa settimana è ancora più importante per due motivi: anzitutto perché l’ album rimane la parte più importante del settore e poi perché il fatturato degli album digitali ha superato quello dei singoli digitali».