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L’ira di Giulia Bongiorno dopo le dimissioni: “Il Pdl non sa mantenere gli accordi”

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Giuseppe Di Spirito

Lo aveva annunciato e lo ha fatto. Giulia Bongiorno, relatrice del ddl intercettazioni, si è dimessa dopo che è passato l’emendamento (a firma Costa-Contento) per vietare la pubblicazione di tutte le intercettazioni, anche per riassunto, fino all’udienza filtro. Il suo posto viene preso ora proprio da Enrico Costa, eletto solo con i voti della sola maggioranza. Parla apertamente di un accordo tradito, la deputata di Fli, quando sostiene che è tutto saltato a causa dello “schioccar di dita del presidente del Consiglio“. E sebbene abbia parole di stima per Angelino Alfano, ascoltando tutto il racconto della deputata finiana il profilo del segretario del Pdl ne esce sostanzialmente demolito: “Avrebbe dovuto tenere il punto a prescindere da qualsiasi richiesta del premier, avrebbe potuto dire l’accordo l’ho fatto anch’io con la Bongiorno. Quello che non va nel Pdl è che da un lato si prospettano delle soluzioni, si arriva a degli accordi con loro, poi improvvisamente il premier dice qualche cosa, tutti si zittiscono e si stravolgono le cose“.

La Bongiorno entra poi nel merito della questione, spiegando di aver voluto attendere “l’ultimo secondo utile” per dimettersi, ma alla fine la maggioranza ha voluto (come al solito) forzare la mano, perdere l’occasione di mandare avanti un testo largamente condiviso ed il risultato è una legge “…che preclude di dare la notizia per tantissimo tempo, quindi ci saranno una serie di notizie che possono essere rilevanti che non si potranno pubblicare…quando vieti troppo il divieto viene violato“.

Dal canto suo il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, si dice sorpreso dalle dimissioni della ex-relatrice, ed aggiunge che a suo parere la variazione al testo originale non è tale da pregiudicare il senso di tutta l’impalcatura: “Assolutamente in linea con il significato dell’udienza filtro” sostiene. Mentre sulla proposta paventata da Maurizio Paniz, circa sanzioni penali per i giornalisti che pubblicano atti riservati, l’ermetico Guardasigilli si limita invece a commentare di non ritenerla “interessante”. Pare comunque che in commissione Giustizia si cerchi ancora un punto di incontro per portare in Aula un testo che abbia un consenso allargato, un buon margine di sicurezza per essere approvato, forse temendo che, in caso di voto di fiducia, potrebbe essere la volta buona che qualcuno faccia “saltare il banco”. La votazione dovrebbe iniziare la prossima settimana.

L’unica buona notizia della giornata è che sembrano essere stati approvati alcuni emendamenti presentati da Roberto Zaccaria (Pd) e Roberto Cassinelli (Pdl) a proposito del comma 29 detto “ammazza blog” che ha provocato la clamorosa protesta di Wikipedia. Il meccanismo dell’obbligo di rettifica, tassativamente entro 48 ore dalla segnalazione, sarebbe rimasto solo per le testate giornalistiche registrate.

Pier Ferdinando Casini intanto motiva l’astensione del Terzo Polo sulle pregiudiziali di costituzionalità, posizione che si era attirata l’ira dei più: “Se si vuole fare una legge seria per impedire gli abusi c’è lo spazio. Se invece vogliono fare censure o vendette non potremo essere complici“. Il Pd invece, per bocca del segretario Pier Luigi Bersani, ricorda la morte delle quattro donne lavoratrici in nero nella tragedia di Barletta ed il declassamento di Moody’s ai danni dell’Italia, e conclude: “Siamo qui a parlare di intercettazioni. E’ scandaloso. Il governo ha perso totalmente la presa sul Paese, pensa solo agli affari suoi. Questo si vede in Italia ma lo vedono anche all’estero”.

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Giuseppe Di Spirito