Gli indizi di uno scollamento totale tra l’esecutivo, il suo capo da una parte e il ministro dell’economia dall’altro sono evidenti da molti mesi. Tremonti non è gradito a quasi nessun collega di governo, per la sua mancanza di dialogo con il partito, che non lo ritiene da tempo un proprio uomo e per il varo di misure estemporanee, non concordate con gli altri ministeri, nè con lo stesso premier, oltre che per il merito delle sue politiche, improntate alla non scelta e alla gestione ordinaria del bilancio. Ieri, tuttavia, nel capitolo ormai stucchevole della saga sullo scontro Tremonti-governo, è andata in scena un episodio che non giova alla credibilità dell’Italia sul piano internazionale. Parlando a margine del Consiglio Ecofin di Lussemburgo, dove ha presenziato per il nostro Paese, Tremonti ha voluto ribadire le ragioni della peculiarità italiana, non senza difendere gli obiettivi del pareggio di bilancio e della stabilità dei conti, in risposta a chi gli chiedeva un giudizio sulla cronica bassa crescita italiana. Ma il peggio di sè, dal punto di vista di un membro dell’esecutivo in carica, Tremonti lo ha dato quando ha risposto a un giornalista che gli faceva notare come lo spread sui titoli pubblici sia più basso in Spagna che in Italia. A quel punto, il ministro si è lasciata sfuggire una considerazione, che giudicare maliziosa è dire molto poco. Ha risposto, infatti, sostenendo che in Spagna l’allargamento del differenziale di rendimento sui titoli di stato da quelli tedeschi sarebbe più basso che in Italia, perchè lì ci sono elezioni anticipate e, quindi, sarebbe in vista un cambiamento.
Capendo forse di averla fatta grossa, poco dopo preciserà che ogni speculazione di politica interna è del tutto infondata, perchè egli avrebbe parlato da un contesto internazionale, per nulla rivolto allo specifico della situazione italiana.
Ci si chiede però se sia normale che un ministro della Repubblica, che vive e opera all’interno di un governo, oggetto quotidianamente di richieste di elezioni anticipate e di dimissioni, possa pensare che sia neutrale una dichiarazione che vada nel senso di un indebolimento dall’interno del potere esecutivo e questo in una fase così delicata del contesto finanziario.
Se i casi di offese in diretta verso altri ministri erano ormai relegati alle italiche barzellette, quello di Tremonti ieri è stato un attacco frontale al premier e alla sua maggioranza, di cui questi ultimi farebbero bene a prenderne atto, in quanto su di loro grava la responsabilità di governo e di immagine del Paese. Al netto di ogni altra considerazione, le dimissioni di Tremonti andrebbero richieste e ottenute al più presto. Di questa eterna diatriba, Berlusconi è responsabile non giustificato.