Peggiorano le cifre sulla situazione economica e finanziaria della Grecia, che sembra essersi imbarcata in una tragedia apocalittica. Il pil è in caduta del 5,5% quest’anno, per il terzo esercizio consecutivo e l’anno prossimo ci si attende un calo del 2,5%. Quindi, Atene non tornerà a crescere e non si fermerà di contrarsi neanche nel 2012. Se andrà bene, avrà subito quattro anni di dura recessione.
E gli effetti sulle casse pubbliche sono evidenti. Il rapporto tra deficit e pil quest’anno non sarà del 7,6%, come concordato con la troika, bensì dell’8,5%. E l’anno prossimo del 6,8%. Questi dati, combinati con un pil in calo, danno un debito che entro il 2012 toccherà il 173% del pil. Nel 2010 era del 152% circa.
Numeri di un disastro, che rendono necessarie misure lacrime e sangue. Il governo Papandreou ha appena varato il licenziamento per 30 mila dipendenti pubblici, tramite mobilità per un anno e la riduzione al 60% dello stipendio. Entro il 2015, i dipendenti pubblici dovranno essere ridotti di un quinto. Oggi sono circa 730 mila, un lavoratore su cinque.
Tra le altre misure di impatto, il via libera a un’imposta sugli immobili, che varia dai 5 ai 20 euro per metro quadrato. Tutto questo dovrebbe fornire alle casse dello stato 6,8 miliardi di euro in saldi migliorati, entro il 2012.
Contrariamente alle attese di Atene, la riunione dell’Eurogruppo di ieri a Bruxelles non ha sbloccato la sesta tranche di aiuti per 8 miliardi. Si chiedono, infatti, misure aggiuntive sul biennio 2013 e 2014 e maggiori informazioni sul biennio in corso (2011-2012). E’ stata persino cancellata una riunione prevista per il 13 ottobre, in mancanza di chiarimenti.
La stessa Bruxelles ha poi chiesto esplicitamente al governo ellenico misure che vadano nella direzione delle liberalizzazioni e privatizzazioni.