Sono stati necessari 16 giorni di colloqui tra i partiti dell’alleanza inedita di centro-sinistra, ma alla fine la leader dei socialdemocratici Helle Thorning-Schmidt ce l’ha fatta e ieri ha ottenuto l’investitura ufficiale da parte della regina Margarethe, che l’ha formalmente nominata primo ministro, prima donna nella storia danese e primo premier di centro-sinistra dopo dieci anni di potere del centro-destra dei due Rasmussen.
Subito dopo la nomina, la Schmidt ha presentato la sua squadra di governo, composta da 23 ministri, di cui fanno parte, oltre al Partito Socialdemocratico, anche il Partito Popolare Socialista e la sinistra radicale. Insieme controllano 77 seggi, ma solo grazie al blocco rosso-verde la coalizione può arrivare alla maggioranza assoluta degli 89 seggi, appena quelli necessari. Le elezioni politiche di tre domeniche fa, infatti, hanno consegnato il peggiore risultato della loro storia per i socialdemocratici, mentre i liberali dell’ex premier Rasmussen avevano persino guadagnato consensi, arrivando al 26% dei voti.
Tuttavia, il gioco delle alleanze e il calo della destra nazionalista, alleata di Rasmussen, hanno esitato una maggioranza molto composita e risicatissima, che molto difficilmente potrà giungere fino alla fine della legislatura. Sono diverse le concezioni politiche e le misure che intendono adottare i partiti della nuova maggioranza. Si va da politiche centriste dei Popolari Socialisti a misure molto di sinistra del blocco rosso-verde. Ma la Schmidt si è dimostrata certa di potere risollevare le sorti economiche della Danimarca, che a dire il vero ha subito e sta subendo molto di striscio gli effetti della crisi, reggendo molto bene. Il nuovo governo intende raggiungere due obiettivi. Da un lato, immettere 10 miliardi di corone in circolazione per nuovi investimenti pubblici, in modo da alimentare la domanda. Dall’altro, mira a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2020 (Copenaghen non fa parte dell’Eurozona, quindi, non risponde a Bruxelles delle sue politiche fiscali).
Nel nuovo esecutivo, undici ministri vanno ai socialdemocratici, 6 ai Social-Popolari e altri 6 al blocco della sinistra radicale. Ad attenderli all’uscita da Palazzo Reale vi era una folla di curiosi, vogliosi di conoscere i nuovi membri del governo. Alcuni sono del tutto sconosciuti all’opinione pubblica, come il 38enne che andrà a guidare le finanze, eletto in Parlamento per la prima volta.