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Incredibile Marchionne: arriva a lasciare la Confindustria per sostenere l’articolo 8

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Giancarlo Sali

Sergio Marchionne ha inviato questa mattina a Emma Marcegaglia, numero 1 di Confindustria, una lettera con la quale comunica che Fiat Sopa e Fiat Industrial dal 1 Gennaio 2012 usciranno ufficialmente dalla più importante associazione industriale.

Della lettera, resa pubblica, tiriamo fuori il passo che racchiude le motivazioni del manager: “Cara Emma, negli ultimi mesi, dopo anni di immobilismo, nel nostro Paese sono state prese due importanti decisioni con l’obiettivo di creare le condizioni per il rilancio del sistema economico. Mi riferisco all’accordo interconfederale del 28 giugno, di cui Confindustria è stata promotrice, ma soprattutto all’approvazione da parte del Parlamento dell’Articolo 8 che prevede importanti strumenti di flessibilità oltre all’estensione della validità dell’accordo interconfederale ad intese raggiunte prima del 28 giugno. […..] Ma con la firma dell’accordo interconfederale del 21 settembre è iniziato un acceso dibattito che, con prese di posizione contraddittorie e addirittura con dichiarazioni di volontà di evitare l’applicazione degli accordi nella prassi quotidiana, ha fortemente ridimensionato le aspettative sull’efficacia dell’Articolo 8. Si rischia quindi di snaturare l’impianto previsto dalla nuova legge e di limitare fortemente la flessibilità gestionale”.

Marchionne è quindi riuscito ad assumere una posizione ancora più estremista della Confindustria e del Governo Italiano di Centro-Destra, cercando con la sua risoluzione di creare nuovamente frattura tra le Parti Sociali, che proprio 10 giorni fa avevano confermato un accordo che rendeva più flessibili i rapporti di lavoro a livello aziendale, sconfessando però l’articolo 8 dell’ultima Manovra Fiscale nel suo tratto oggettivamente più iniquo: la libertà di licenziare con l’accordo dei sindacati più rappresentativi, anche se solo a livello territoriale o aziendale.

Ancora una volta viene portata alla ribalta la miopia, o forse il calcolato egoismo, di un manager italiano che si batte per l’interesse immediato di pochi a danno di quello di molti, senza accorgersi che nessuna forma di crescita o di ripresa economica potrebbe attuarsi attraverso la precarizzazione sempre più spinta delle situazioni lavorative dei cittadini e consumatori italiani (se non ho certezze a livello di posto di lavoro, difficilmente spendo oltre il minimo indispensabile). E di conseguenza senza una ripresa economica, non si potrà mai attuare nessun serio progetto di ripianamento del debito pubblico che vada oltre delle “pezze” momentanee, attuate tramite l’aumento delle tasse, che a loro volta deprimono ancora di più i consumi. Un cane che si morde la coda insomma, senza vie d’uscita!

Esiste un politico o economista italiano in grado di cogliere un assunto così banale?

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Giancarlo Sali