Il ministro delle finanze greco Evangelos Venizelos ha voluto rassicurare i suoi connazionali, sostenendo in un’intervista a un settimanale ellenico che in considerazione degli sforzi che il popolo greco sta mettendo in atto, la sesta tranche di aiuti sarebbe “assicurata”. Pertanto, a partire dalle prossime settimane inizieranno a fare ingresso nelle casse dissestate di Atene 8 dei 109 miliardi già stanziati nel maggio 2010.
Questi aiuti permetteranno alla Grecia di evitare il default, di cui il ministro Venezilos non vuole sentire parlare, giudicando ingenuo o pericoloso chi discute di questo.
Indiscrezioni riportano che nell’incontro tra i vertici del governo Papandreou e quelli della troika si sarebbe parlato di una richiesta precisa ad Atene di vendere il proprio patrimonio immobiliare e quote di imprese statali, per sfoltire il debito. Inoltre, al fine di incoraggiare l’afflusso di capitali e gli stessi investimenti interni, sarebbe stato chiesto al governo di mettere mano alla riforma della legge fallimentare, per diminuire i tempi e snellire le procedure.
E se ad Atene si tira un sospiro di sollievo, a Berlino si litiga all’interno della coalizione di governo, tra l’ala più “filo-europeista” della CDU e quella più “euro-scettica”, sia della CSU che della FDP. Il ministro delle finanze Wolfgana Schaeuble, dopo avere incassato un sì largo al Bundestag al rafforzamento del Fondo di salvataggio, ha proposto una maggiore integrazione politica tra gli stati, per superare la crisi attuale.
Non si è fatta attendere la risposta del collega agli Interni, Hans-Peter Friedrich, esponente della CSU (la CDU in Baviera), il quale al contrario auspica un minore centralismo di Bruxelles.
E anche il ministro degli esteri Guido Westerwelle, liberale della FDP, si è detto convinto che gli stati che ricevono aiuti devono accettare l’ipotesi che Bruxelles possa intervenire direttamente sui loro bilanci, al fine di correggerli.