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Arabia, Re Abdullah concede voto alle donne. Ma non illudiamoci troppo

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Giuseppe Timpone

Il monarca saudita, Re Abdullah al-Saud, ieri davanti alla Shura, il Consiglio Consultivo, ha indicato una data per la concessione del diritto all’elettorato attivo e passivo delle donne: il 2015. Per quell’anno le donne arabe potranno votare e farsi eleggere ai consigli comunali, così come fare parte della Shura stessa. La notizia ha fatto in poche ore il giro del mondo, perchè si tratta della prima svolta riformatrice in un regno profondamente conservatore di stampo wahabita. I wahabiti, infatti, sono una corrente ultraconservatrice dell’islam, a cui appartiene la famiglia Saud, che rifiuta qualsiasi compromesso con la modernità. Pertanto, alle donne non è concessa, di fatto, alcuna libertà, se non dietro autorizzazione del marito o del padre. Non possono guidare, non possono lasciare il Paese, non possono farsi operare senza autorizzazione di un familiare maschio, nè uscire per strada da sole, se non accompagnate da un uomo familiare.

Un paio di mesi fa, era sorta la cosiddetta protesta “Women2drive”, esplosa su Facebook, con cui le donne del regno saudita reclamavano il diritto alla guida, infrangendo lo storico divieto. Ma la reazione delle istituzioni fu umiliante, del tutto ignorando le provocazioni. La decisione di ieri del monarca assoluto dell’Arabia rappresenta una timidissima apertura del regno, che vuole evitare di restare travolto dal vento della primavera araba, che potrebbe farsi sentire anche qui.

Ma molti sono i punti che ci spingono a ritenere che si tratti di un contentino dato all’Occidente, del tutto ininfluente. Primo punto: già nel 2005 era stato concesso l’elettorato attivo alle donne, ma non se ne fece nulla. Secondo: il 29 settembre ci saranno elezioni municipali, ma le donne potranno votare e farsi eleggere solo nel 2015. Terzo: i consigli municipali sono l’unica forma di quasi partecipazione democratica in Arabia, dalla scarsa importanza istituzionale. Infatti non esistono elezioni per la scelta di parlamentari nazionali, essendo l’Arabia Saudita una monarchia assoluta e gli stessi consigli comunali sono eletti democraticamente solo per metà dei loro componenti, essendo l’altra metà di nomina regia.

Insomma, anche qualora le donne riuscissero per pura ipotesi a strappare la metà dei seggi eletti democraticamente, la loro influenza sarebbe inesistente, dato che i restanti tre terzi dei seggi sarebbero in mano alle vecchie oligarchie filo-monarchiche. Non solo: i consigli comunali non hanno granchè di poteri. La svolta di ieri è un dato più simbolico che reale.

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Giuseppe Timpone